IL DEDALO
di Emmanuel d’Hooghvoorst
Traduzione italiana a cura di P. e S.
Ciapparelli
La liquefazione e la vegetazione della terra sono il
primo mistero. La solidificazione e l’animazione dell’acqua formano il secondo
mistero. L’alleanza della prima acqua con la seconda terra costituisce il terzo
mistero.
Louis Cattiaux, Il Messaggio Ritrovato, III-82’
Ai giorni nostri,
pochi termini sono più scarsamente definiti di “iniziazione” ed “essoterismo”,
malgrado l’abbondanza di letteratura loro consacrata. Il ricercatore, che tenta
di affrontare questo problema, si trova davanti ad un cumulo di nozioni confuse
ed a volte contraddittorie, da cui risultano idee di conoscenze trasmesse, di
poteri acquisiti, sulla natura dei quali si interroga, ma che mantengono in
ogni caso l’alone di un segreto custodito.
Davanti all’abbondanza
di libri, sette e società segrete che sollecitano la sua adesione nei termini
più seducenti, diventa, come un viaggiatore senza bussola, costretto a fidarsi
del suo istinto, spesso ingannevole, cioè a cedere ad una seduzione dello
spirito e del cuore.
È così che ci si
può perdere per molti anni in esperienze vane o poco proficue. Percorrere
questi dedali è già una prima prova, si dirà. Forse! Ma ci sono molti dedali
morti, da dove nessun Icaro è mai uscito.
“…Non c’è segreto,
l’iniziazione è una bugia…”, diranno persino alcuni: “…una favola
diabolica!...”
Abbiamo più
volte ricevuto questa risposta, spesso attraverso un silenzio espressivo. Si
tratta, tutto sommato, di un riflesso di conservazione puramente animale. Molti
credenti irreggimentati preferiscono peraltro negare il problema, confidando sulla
promessa di salvezza,
come altri sulle scoperte della scienza.
Eppure
portiamo tutti dentro di noi, il nostro segreto; chi non l’ha mai intuito? È
qui che interviene un’attitudine naturale, una qualifica data in partenza,
senza la quale un tale presentimento genera soltanto tal riflesso di
conservazione animale di cui abbiamo appena accennato.
C’è probabilmente
qui una delle spiegazioni possibili della frase evangelica: “Si darà a colui
che ha”. Intuire cotal segreto è intuire l’inferno, perché l’inferno è il
segreto dell’uomo. Chi oserà, chi potrà farlo senza danno, e, come Dante,
penetrare in questo “segreto del mondo”?
Dante era un poeta
vero, cioè un poeta che ha senso, come quelli dell’Antichità, guidati da una
musa. La Divina Commedia è generalmente considerata come l’espressione
più completa dell’esoterismo cristiano. Se vogliamo saperne qualcosa, leggiamo
Dante, non per la sua bellezza, ma per la sua verità.
Nel primo canto, il
poeta si era smarrito, nel tentativo di raggiungere direttamente la cima, a
causa dell’ “arido pendio” che aveva imboccato. Il cammino gli fu sbarrato da
una bestia che:
non
lascia altrui passar per la sua via,
ma
tanto lo ’mpedisce che l’uccide.
Molti
son li animali a cui s’ammoglia.
Per ritrovar la via,
ebbe dunque bisogno dell’incontro d’una guida, Virgilio, maestro del bel
linguaggio. Dante esclama:
Tu
se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu
se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo
bello stilo che m’ha fatto onore!
Notiamo l’apostrofo,
poiché niente è scritto inutilmente. Tal guida era maestro nello stile nobile, in
quel tempo chiamato anche “trobar clus”. Ma Dante non poteva fare
quest’incontro senza l’intervento di tre donne: la Vergine Maria, Beatrice e Lucia.
Virgilio dice:
A
te convien tenere altro vïaggio […]
se
vuo’ campar d’esto loco selvaggio”
Ond’
io per lo tuo me’ penso e discerno
che
tu mi segui, e io sarò tua guida,
e
trarrotti di qui per loco etterno;
ove
udirai le disperate strida,
verdrai
li antichi spiriti dolenti,
ch’a
la seconda morte ciascun grida;
e
vederai color che son contenti
nel
foco, perché speran di venire
quando
che sia a le beate genti.
Dante risponde:
Che
tu mi meni là dov’ or dicesti,
sí
ch’io veggia la porta di san Pietro
e
color cui tu fai cotanto mesti
Seguendo la sua guida,
passo dopo passo, Dante penetrò nel segreto:
Allor
si mosse, e io li tenni dietro
Così finisce il primo
canto. Così inizia il cammino: initium, inizio. Dante imboccava in tal modo
la via iniziatica.
Per concludere questo
primo canto della Divina Commedia, notiamo anzitutto che la via
iniziatica qui indicata appare assai diversa dalla mistica ordinaria. Usiamo
questo termine nel suo senso attuale, di realizzazione spirituale ottenuta mediante
ascesi. Sembra inoltre che la confusione tra iniziazione e mistica sia quasi
universale ai giorni nostri.
La mistica si
sforza di raggiungere direttamente la cima, ed è in questo senso che Dante
confessa di essersi smarrito sull’arido pendio. I poteri degli asceti, i fatti
meravigliosi che accompagnano spesso una grande santità, testimoniano certo una
realizzazione che non è alla portata degli uomini volgari. Eppure è assai lontana
dal vero sapere e dalle operazioni dell’Arte. L’abbiamo talvolta comparata
all’illusione che spinge le mosche a schiacciarsi ed a morire contro un vetro,
senza mai tornare all’aria aperta.
C’è qui per il
ricercatore una trappola e questa trappola è sottile.
Secondo una
sentenza musulmana attribuita al Profeta: “Un solo gnostico è più crudele
per Satana che venti mila mistici”. La mistica separa il cielo dalla terra invece
di unirli; non si tratta dunque più, per l’esattezza, di una realizzazione
umana, poiché l’uomo è composto di spirito e corpo. Anche quando il mistico si affida
a certe tecniche, come lo yoga indù, tecniche di purificazione e di autocontrollo,
il corpo è considerato soltanto come un sopporto passeggero dal quale lo spirito
deve tendere a liberarsi.
(Louis CATTIAUX - Il risalire dell'anima - coll.privata)
È cosi che certe
società “iniziatiche” si sforzano di arrivare a questa “illuminazione”
spirituale, sia insegnando ai loro membri la pratica di un’ascesi generalmente
di ispirazione indù, sia praticando alcuni riti minuziosi che dovrebbero “far
scendere” una forza o una “potenza” provocando l’illuminazione dei
partecipanti, o farli inerpicare su una scala di Giacobbe puramente
immaginaria.
Quando il
fenomeno annunciato non si è prodotto, si ha buon gioco di spiegare che il rito
non è stato fatto bene, che i partecipanti erano preparati male e che è una
questione di allenamento… Quando d’altra parte “qualcosa” accade, si
tratta sempre di un fenomeno effimero, che si dissolve velocemente e che lascia
l’operatore nello stato in cui si trovava prima.
In ogni caso, il
carattere effimero di questo tipo di esperienze toglie loro ogni efficacia vera,
e fa pensare che si tratti di superstizione, ovvero di una reminiscenza
dell’autentica rigenerazione le cui chiavi sarebbero perse.
In questo
campo, l’onestà di intenti non è una garanzia per quanti si imbarcano in una
via che sta all’ermetismo tradizionale come il sogno alla realtà.
Il tema della discesa
negli inferi è celebre nella letterature classica. Era il tema dominante dei misteri
di Eleusi. Ma non si deve fraintendere il significato di questa katabasis
che non ha soltanto un valore di insegnamento. In ebraico la parola sheol,
‘inferno’, viene da una radice che significa chiedere. Lo sheol è rappresentato
come una bocca sempre aperta con un’avidità insaziabile; e che non restituisce ciò
che ha preso.
Quando “il
vivo” scende nel sheol, è per strappargli qualcosa di prezioso
è per liberare il suo segreto, il segreto dell’uomo. Questo segreto non si trova
nel cielo dei mistici, anche quando questi affermano di unirsi al grande Tutto
per un breve istante. Questo segreto si trova nell’inferno con i dannati; è
quello della parola perduta. L’ignorante cerca in sogno.
Dante non poteva
esplorare tali misteri senza l’aiuto di un maestro dello “stile nobile”.
Questa discesa negli inferi è una realtà, anche se figurata dai poeti
cabalistici. Il tema centrale della tradizione egiziana ci aiuterà a capire
meglio di cosa si tratta realmente.
Alla triade Iside,
Osiride e Horus, si aggiunge una quarta figura, quella di Set o Tifo. Secondo
la leggenda Osiride, assassinato da suo fratello Set, è sepolto in una bara. Si
dice anche che le sue membra siano state disperse. Orbene, secondo Plutarco,
Osiride è il Santo Verbo (ieroV logoV)
che Tifo, il suo nemico, seppellisce, disperde ed oscura per ignoranza e
grossolanità. Iside è colei che lo ricompone a favore di quanti sono “compiuti
nella divinità”. Iside scrive la parola sacra per l’istruzione degli uomini
e Tifo la cancella man mano. L’unione di Iside e di Osiride genera Horus che è
chiamato “vendicatore di suo padre”. Horus vincitore non distrusse Tifo
interamente, ma si accontentò di togliergli la sua forza e la sua attività
malefica evirandolo
Set diventa allora un ausilio indispensabile alla manifestazione di questa
parola santa, perché senza di lui Iside ed Osiride non potrebbero manifestarsi.
Qui si trova un
insegnamento che sarebbe possibile sviluppare in tante pagine.
(La lotta tra Horus e Seth)
Il nome greco di Set
era Tifo. Si trovano in questa lingua altre parole con la stessa radice che ci
permettono di determinarne il senso, tale tufloV,
‘cieco’; tufoV, ‘fumo, vapore
che sale al cervello, torpore, stupore, letargia’; tufow, ‘accecare, affumicare, stupefare, inebetire,
incendiare, bruciare’ ma anche ‘covare’.
Osiride è spesso rappresentato
sotto forma di una mummia avvolta da bende, immobile nella sua necropoli.
Quando risuscita grazie all’amore di Iside, sua sposa e sorella, diventa
giudice dei morti, cioè maestro di vita e di risurrezione.
Iside è di natura
solare, come suo fratello Osiride. Si trova nei raggi del sole, Re; è la
Sapienza divina:
L’intelligenza è demiurgo, custode della verità e
della Sapienza; scende nella Genesi e porta alla luce la potenza nascosta dei
discorsi segreti; si chiama AMON nella lingua degli Egiziani.
Scendendo nel caos
della Genesi, questa intelligenza diventa demiurgo.
Bisogna però ritornare
al ruolo di Tifo che Plutarco interpreta come uno smembramento, un
seppellimento ed un oscuramento del discorso sacro che cancella man mano quello
che scrive Iside par l’istruzione degli uomini. Ciò può avere parecchi sensi
tra cui il più chiaro si riferisce alla Scrittura. Si dirà che questa Sapienza
si esprime tramite il mondo dell’esilio, la cui fede è soltanto un senso
carnale?
Tifo legge la Scrittura come un cafone cornuto ed i suoi sensi non ne dicono l’Arte. Ciò che è bandito
dalla Rivelazione segue il suo pensiero e mescola la parola con artifici, e
questo lo smarrisce lontano dalla meta. È un gioco in cui Iside trucca i dadi e
Tifo ne riceve soltanto il dolo, perchè lei pesò questi dadi con le parole
dell’esilio. È il gioco di Ariel e di Caliban
(Iside)
Iside scrive,
Tifo cancella e tutto dipende da chi legge. Nella cabala pitagorica, questo doppio
senso è figurato dalla lettera Y o cammino bis, attraverso il quale cammina la Sapienza in atto e che il discepolo “iniziato” deve anche seguire.
Vediamo quindi
in cosa consiste questo dedalo d’esoterismo.
*
Evirazione: Si
tratta dell’evirazione del principio cattivo che è la causa della morte di Osiride.
Fa la verità tramite la sua parola ed allontana ogni male che si trova dentro
di lui.
Evirando Tifo, Horus non lo distrusse interamente, ma gli tolse la sua forza e
la sua attività.
Tifo: Tifo
vuole dire ‘che soppianta’ e rappresenta le passioni umane che scacciano dal
nostro cuore le lezioni della Sapienza. Nella favola egiziana, Iside scrive la
parola sacra per l’istruzione degli uomini e Tifo la cancella man mano…
Iside è ellenica e
Tifo è il nemico della dea; con l’ignoranza e la grossolanità, acceca, smembra
ed oscura la Parola sacra che la dea apporta, costituisce e trasmette a quanti sono
compiuti nella divinità.
Amon:
L’intelligenza è demiurgo, custode della verità e della Sapienza; scende nella Genesi
e porta alla luce la potenza nascosta dei discorsi segreti; si chiama AMON
nella lingua degli Egiziani.
Iside dai numerosi nomi, che le tenebre elevarono come
luce per gli uomini. Io, Iside, mi trovo nei raggi del Sole.
Iscrizione
di Cius, Bitinia, C.I.G. 3724.
Emmanuel
d’Hooghvorst