Saggio sull’arte
d’Alchymia
di Emmanuel d'Hooghvorst
La ricerca della
Pietra filosofale non è più alla moda oggi. Un alchimista del
XVII secolo, Alexandre Sethon,
più noto con il nome di il Cosmopolita, scriveva già ai
suoi tempi:
“Si considera la Pietra filosofale
come una pura chimera e le genti che la cercano sono considerati
folli. Tale disprezzo, dicono i filosofi ermetici, è un effetto
del giusto giudizio di Dio, il quale non permette che un segreto
così prezioso sia conosciuto dai malvagi e dagli ignoranti.”
In altri tempi era una
follia per la maggior parte degli uomini; ai nostri giorni è
un’assurdità. Questa scienza è caduta in un tal discredito che
quasi tutti siamo ignoranti del suo scopo e dei suoi mezzi.
Se apriamo a caso un
vecchio libro di Alchimia, lo stile ci appare confuso, le
ricette strane, la chimica fantasiosa e senza fondamento; ci
stupiamo che tanti uomini dei secoli passati abbiano potuto
trascorrere la loro vita ad uno studio così chimerico. Tale è il
giudizio sommario che esprime l’uomo del XX secolo
sull’insegnamento degli antichi Saggi. Tuttavia possiamo
chiederci, leggendo questi libri, se stiamo parlando di
ciarlatani che nascondono la loro ignoranza sotto le apparenze
di un gergo pretenzioso oppure di Saggi che nascondono
gelosamente il loro sapere sotto le spine di uno stile oscuro
con lo scopo di mettere alla prova la sagacia e la costanza del
lettore.
Le due ipotesi sono
vere.
La maggior parte degli
alchimisti non sono stati che usurpatori del titolo, soffiatori
di carbone, come si diceva in altri tempi. Questi hanno errato
tutta la loro vita e si sono rovinati all’inseguimento di una
chimera, perché non conoscevano la vera materia su cui dovevano
lavorare, né la natura del Fuoco dei Filosofi. I più felici tra
di loro hanno finito con lo scoprire un sale purgativo,
un procedimento per la fabbricazione della porcellana o dei
fiammiferi solforati. Sono gli antenati della scienza moderna. I
nostri uomini di scienza, tutte le proporzioni considerate,
hanno fatto progredire le conoscenze umane sullo stesso terreno.
Anche loro ignorano, checché ne dicano, la vera materia e la
natura dell’universale Agente. La loro scienza non ha dato agli
uomini la conoscenza, ma lo smarrimento; né la libertà, ma una
schiavitù maggiore; essa non li ha neppure arricchiti, poiché i
loro desideri si estendono sempre più.
Ma ce ne sono altri
oltre ai soffiatori; non sono stati tutti dei ciarlatani. Certi
alchimisti dei tempi passati hanno marcato il loro passaggio
quaggiù ed attestato la realtà della loro scienza con delle vere
trasmutazioni metalliche.
Benché l’Arte dei Saggi non abbia
conferma alcuna da chiedere alla scienza moderna, notiamo che i
nostri scienziati citano talvolta, sorvolando, le intuizioni
geniali degli antichi alchimisti da quando hanno fatto la
scoperta dell’unità della materia, che l’Arte della
trasmutazione postula in effetti.
Un moderno difensore dell’Alchimia scrive a tal proposito queste
linee pertinenti:
“Visto che parliamo della Grande
Opera, approfittiamone per ritornare su un punto capitale già
accennato, cioè sull’abisso che la separa dai tentativi di
trasmutazione per via chimico-fisica, tentativi cui la
dissociazione atomica conferiscono una rinnovata attualità.
Innanzitutto, notiamo con quante spese, con quale spreco di
energie, in quali titanici laboratori (che nessuna fortuna
privata potrebbe permettersi il lusso di finanziare) operano, a
ranghi stretti, i nostri moderni Faust. Tutto questo per
sfociare del resto in trasmutazioni dell’ordine di un
decimilionesimo di grammo.
É la montagna che partorisce il
topolino.
A confronto, la Grande Opera
fisica non necessita che qualche corpo facilmente reperibile, un
po’ di carbone, due o tre vasi molto semplici, nessuna delle
fonti di energia che come un’autentica orca consuma la scienza
attuale, e può essere realizzata interamente da un solo uomo con
pazienza e disponibilità di tempo. Tutto ciò per ottenere
trasmutazioni eventualmente massicce.”
E l’autore conclude le sue
riflessioni con queste parole:
“Malgrado una terminologia barbara
che si espande tutti i giorni, ove gli ioni, gli elettroni, i
protoni, i neutroni, i deutoni ed altri ingredienti della cucina
nucleare giocano un ruolo impressionante, la materia dimora
terra sconosciuta. ”
Gli abissi che
separano la scienza moderna dalla Grande Opera sono
assolutamente invalicabili ed è la ragione per cui la nostra
epoca ne ha perduto la nostalgia e quasi il ricordo. Fin quando
tratteremo dell’Alchymia con i pregiudizi di un uomo del XX
secolo, questa scienza ci sarà ermeticamente chiusa.
Gli Adepti dicono che
la loro scienza è quella di Dio stesso; che senza la sua
ispirazione è impossibile giungere al possesso della benedetta
Pietra dei Saggi che conferisce a chi la possiede la salute, la
ricchezza, la regalità su tutta la natura; che gli viene in
aiuto in tutte le sue necessità, che gli assicura perfino la
possessione inalienabile della vita, eternamente fissata in se
stesso.
La loro pietà, la loro fede, il loro amore del Dio Onnipotente
li separano radicalmente dai nostri moderni scienziati che non
hanno l’abitudine di chiedere l’ispirazione dello Spirito Santo.
Tutti i libri dei veri Adepti sono ricolmi di esortazioni al
lettore per raccomandargli di volgersi verso Dio. Il Profeta
Daniele già proclamava:
«Sia benedetto il nome di Dio
d’eternità in eternità, perché a lui appartengono la saggezza e
la forza. È lui che muta i momenti ed i tempi, depone i re e li
innalza, che dona la saggezza ai saggi ed il sapere agli
intelligenti. È lui che svela le cose profonde e nascoste, che
sa quel che è nelle tenebre e la luce dimora con lui.
“Ricorrete a Dio, figlio mio,”
esclama Alano, “volgete il vostro cuore ed il vostro spirito
verso di lui piuttosto che verso l’Arte; perché questa scienza è
uno dei più grandi doni di Dio che ne favorisce chi gli piace.
Amate dunque Dio, con tutto il vostro cuore e con tutta la
vostra anima, ed il vostro prossimo come voi stesso; chiedete
questa scienza a Dio con istanza e perseveranza ed egli ve
l’accorderà.”
Sfogliando i vecchi libri di
Alchymia si potrebbero citare testi del genere all’infinito.
Questi si separano dalla scienza
moderna anche a causa del loro amore per il segreto. La scienza
dei nostri giorni, molteplice e complicata, è aperta a tutti. I
Saggi erano gelosi della loro. Se la loro arte appare ardua a
chi la ricerca, per chi la sa è facile quanto un lavoro di donna
ed un gioco da bambini. É per questo motivo che hanno messo
tanta cura per nasconderla. Volevano evitare che cadesse tra le
mani di malvagi, di orgogliosi, di mediocri. Quest’Arte non si
rivela che nella semplicità, la purezza e l’amore.
“Sarebbe una follia nutrire un
asino con delle lattughe o altre erbe rare, dicono diversi
Filosofi, visto che i cardi bastano loro. Il segreto della
Pietra è tanto prezioso da farne un mistero. Tutto ciò che può
diventare nocivo alla società, anche se eccellente di per se
stesso, non deve assolutamente essere divulgato e non bisogna
parlarne che in termini misteriosi.”
Gli scienziati di oggi non si
esprimono con la stessa discrezione.
“Io giuro a te sulla mia anima,”
s’esclama Raimondo Lullo, ”che se tu dovessi svelare ciò sarai
dannato. Tutto proviene da Dio e tutto deve ritornarvi;
conserverai dunque per lui solo un segreto che non appartiene
che a lui. Se tu facessi conoscere con qualche parola leggera
ciò che ha necessitato tanti lunghi anni di attenzione, sarai
dannato senza remissione nel giudizio ultimo per questa offesa
alla maestà divina.”
I Saggi d’altri tempi hanno
percorso il mondo rivestiti d’oscuri mantelli. Possessori del
segreto divino, non si sono tuttavia preoccupati di apparire
sapienti. Il Volgare non si fida che delle apparenze, è per
questo motivo che è sempre ingannato. Gli Adepti hanno vissuto
la maggior parte del loro tempo ignorati. Era la prudenza
stessa: volere scoprirsi al mondo, fosse anche per salvarlo, è
condannarsi quasi sicuramente alla tortura ed alla morte. Gli
Adepti sono partiti senza parlare, se non, talvolta, in termini
enigmatici come nelle Parabole. Pochi loro contemporanei hanno
sospettato il segreto. Adesso non ci si crede più minimamente.
Tanto se ne è allontanato il nostro spirito, al punto che siamo
diventati incapaci di volgerci verso di lui?
Molti ricercatori, curiosi di
esoterismo, collocano l’Alchymia o l’Arte delle trasmutazioni
tra le scienze occulte allo stesso titolo dell’astrologia, la
magia, la medicina, le arti divinatorie, etc. In realtà
l’Alchymia non è un ramo dell’esoterismo, ma ne è la chiave o la
Pietra Angolare. Alcuni Adepti
hanno operato pubblicamente trasmutazioni metalliche, mentre
altri non ne hanno fatto mai. Colui che possiede la Pietra
Angolare dei Saggi scopre senza pena il mezzo di operare la
metamorfosi in oro dei metalli volgari, come del resto la
pratica di tutte le arti particolari ed il segreto di tutte le
medicine proprie a migliorare le nature minerale, vegetale ed
animale, ma questo gli è dato in più, come è detto nel Vangelo.
Ricercare anzitutto l’oro volgare
è dunque un errore fatale ispirato dalla più sordida delle
stupidità: è quella che ha fuorviato tutti i beneficiari di
questo mondo per cui la polvere di proiezione non era che un
mezzo d’acquisizione di ricchezze materiali e l’elisir di vita
quello di conservare una giovinezza licenziosa. Ai nostri giorni
ancora molti dicono: cerchiamo prima di guadagnarci da vivere,
poi ricercheremo la saggezza. I disgraziati non si accorgono che
quelli che vogliono guadagnare la loro vita la perdono in fin
dei conti, poiché tutto finisce nella fossa. Gli avari non sono
mai ricchi, i Saggi al contrario possiedono la sorgente di tutti
i beni, dei beni materiali come degli altri.
Altri considerano la scienza
Alchemica o l’Ermetismo come un insieme di simboli metafisici ed
astratti. Eccola lì la tendenza dei nostri spiriti! Da Descartes
in poi soprattutto, lo spirito umano segue un processo di
disincarnazione sempre più accelerato che tende a ridurre il
sapere umano in formule astratte.
L’influenza in rapida espansione della lussureggiante metafisica
indù, mal compresa del resto da molti Occidentali, non ha fatto
che rinforzare tale tendenza. Il pregiudizio dell’astrazione è
diventato una malattia del nostro spirito ed il più ignorante
degli uomini del popolino fa dell’astrazione,
come Monsieur Jourdain faceva della prosa senza saperlo, vive
nell’astratto e ne muore come un sapiente teologo o metafisico,
senza aver mai visto che è il sole che lo rischiara e lo anima.
È forse il più gran male e la più grande vanità del mondo:
l’orgoglio dello spirito.
La vera conoscenza non è astratta,
ma operativa ed incarnata. I maestri di Alchymia parlano
della Grande Opera, dell’Arte operativa e delle manipolazioni
cui si sono dedicati. C’è lì tutt’altra cosa che un gioco di
astrazioni. Nessuna epoca del resto si proclama tanto
materialista quanto la nostra; nessuna tuttavia è mai stata
tanto lontana dalla autentica realizzazione materiale proposta
dall’Alchymia che è l’Arte delle trasmutazioni della materia per
condurla ad uno stato di fissità perfetta, escludendo
l’alternativa di generazione e corruzione che caratterizza il
nostro mondo sublunare.
Altri infine non vedono
nell’Alchymia che un metodo di realizzazione mistica, una specie
di yoga occidentale e segreto.Si parla volentieri di Alchymia
mistica o spirituale; questi termini sono corretti, al limite,
nel loro senso letterale, ma sono diventati equivoci a causa
dell’uso abusivo che se ne è fatto.
Per non aumentare la confusione, è meglio secondo noi non
associarli all’Alchymia. Studiando i rapporti tra mistica ed
alchymia raggiungiamo il nodo del problema che ci occupa;
vedremo in cosa esse si uniscono ed in cosa esse si separano.
Non si può essere
Alchymista senza essere un santo mistico, poiché la Pietra è un
dono d’amore del Dio Altissimo, ma tutti i mistici e tutti i
santi non sono degli Alchymisti. Possiamo anche dire che,
proporzionalmente, tra i santi il numero di Alchymisti è infimo
quanto il numero di santi tra gli uomini volgari. Non si
conoscono che tre Alchymisti tra tutti i santi
che la Chiesa cattolica ha posto sull’altare: il beato Raimondo
Lullo, Sant’Alberto il Grande e San Tommaso d’Aquino.
Per l’uomo decaduto ci sono in effetti due vie che conducono
fuori da questo mondo mescolato: sono l’Amore e la Conoscenza.
L’Amore va spesso senza la Conoscenza, ma quest’ultima non va
mai senza l’Amore.
Diciamo in poche parole che il
Santo si preoccupa della salvezza della sua anima attraverso
l’unione d’amore con Dio. Egli ne riceve talvolta le primizie
quaggiù nell’estasi che è un rapimento in spirito, fuori dal
corpo. È in effetti impossibile per il mistico,
finché si trova invischiato dai legami del corpo corruttibile,
essere interamente liberato dalle conseguenze della caduta.
L’estasi non è la visione beatifica, è come un’anteprima; del
resto si tratta di uno stato passeggero. Il Santo non si
preoccupa del suo corpo
carnale che per cercare di liberarsene come di una prigione. La
sua vera realizzazione è in spirito, benché possa operare
miracoli nel mondo sensibile per mezzo dello Spirito Santo. Il
suo spirito è uno specchio d’acqua pura in cui il cielo si
riflette quaggiù; ma il vaso che lo contiene resta fragile,
grossolano e perituro. Quando la morte lo libera da quest’ultimo,
il suo spirito e la sua anima, indissolubilmente uniti, dimorano
nella visione beatifica, il Paradiso.
Uno stimato maestro
yogi ricevette un giorno la visita di un discepolo che gli
chiese di istruirlo. Il maestro lo condusse in una cella e gli
chiese di dimorarvi per un mese (o un anno, poco importa)
concentrando il suo spirito sull’idea che egli fosse un bisonte.
Il discepolo restò saggiamente nella cella da cui non usciva
mai: venivano a portargli tutti i giorni il pasto. Alla fine di
un mese, il maestro ritornò a vederlo e si accorse che il suo
discepolo aveva perfettamente realizzato lo stato del bisonte.
Gli aprì la porta e gli disse di uscire. Il discepolo non si
mosse. Visto che il maestro era stupito, il discepolo gli disse:
“Non posso attraversare la porta, le mie corna sono troppo
larghe”. Aveva realizzato tanto bene l’esercizio da credersi
effettivamente divenuto un bisonte ... e lo era, ma in spirito.
Il suo corpo era rimasto quello di un uomo.
L’Arte Ermetica, al
contrario, ha per oggetto la metamorfosi completa dell’essere
tutto intero, anima, spirito e corpo, in una indissolubile
fusione che fa il miracolo di una sola cosa, la Pietra dei
Saggi. Provvisto già da quaggiù del corpo glorioso della
Resurrezione,
l’Adepto che ha completato la Grande Opera può uscire da questo
mondo quando gli piace
senza passare da alcuna morte oppure, se muore, egli risuscita
il terzo giorno.
Con quale mezzo ciò
può farsi?
Mediante la medicina ermetica che
non è altro che il Cristo eterno,
solo capace di salvare l’uomo dalla maledizione che pesa su di
lui dalla caduta di Adamo. Questa medicina non guarisce solo gli
spiriti, ma anche i corpi e tutta quella parte della natura che
l’uomo aveva trascinato con se. È il buon Pélican che realizza
pienamente, versando il suo sangue per quelli che ama, la
promessa di redenzione totale, che ci libera anche dalle
conseguenze fisiche della caduta. Sant’Agostino poteva dunque
scrivere con assoluta verità ne’ La città di Dio:
“Il nostro verissimo e
potentissimo purificatore e salvatore ha assunto l’uomo tutto
intero”.
Ma chi cerca ancora la Medicina
del Dio ed i suoi misteri? Chi ci crede? Quest’indifferenza e
quest’oblio sono la più grande maledizione che pesa in questo
momento sull’umanità.
Mosé ci insegna in
effetti nella sua Genesi che Dio quando creò l’uomo lo
pose nel giardino di Eden ove viveva in un perfetto appagamento,
non avendo niente da desiderare e lodando Dio. Benché mortale,
egli non moriva poiché aveva il godimento del frutto dell’albero
di vita.Questo nutrimento meraviglioso aveva per effetto di
mantenerlo esente dalla malattia, dalla vecchiaia e dalla morte.
Quando ebbe, su sollecito dell’antico serpente, gustato il
frutto vietato, il veleno delle tenebre e della morte penetrò in
lui. L’accesso al giardino gli fu allora interdetto affinché non
potesse stendere la mano verso il frutto dell’albero della vita:
“per mangiarne e viverne
eternamente”.
Poiché era la sola Medicina capace
di rendergli l’immortalità primigenia. Egli fu precipitato nel
mondo animale.
Una parte della natura fu trascinata nella sua caduta:
“Il suolo è maledetto per causa
tua. Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.”
È in questo mondo decaduto e
corruttibile che l’umanità vive adesso una vita precaria e
fuggitiva, soggetta alla miseria, all’ignoranza, a tutti i mali
di cui il principale è la morte ineluttabile che porta con se la
dissoluzione di tutti i composti. Gli uomini sono dunque malati,
indeboliti, vampirizzati da una lenta e mortale consunzione, ma
sono dei malati che si ignorano nella maggior parte dei casi,
poiché è stato dato a pochissimi tra loro di vedere un uomo in
buona salute a chi potessero paragonarsi.
Ma anche se decaduta ed oscurata, la natura dell’uomo non è
stata modificata in essenza ed in sostanza: sussiste in lui come
una luce sepolta nelle tenebre, un inalterabile nucleo di
immortalità; come un fuoco vivo, ma addormentato. È un seme in
seno alla terra raffreddata dall’inverno. È la Bella
addormentata nel bosco, condannata a dormire per mille anni
finché il giovane principe venga a risvegliarla.
La nutrizione che
mantiene in noi una vita effimera è un atto analogo a quello
della generazione.
Mangiare è, in qualche modo, una unione d’amore.
Adamo, secondo che mangiasse il frutto della vita o il frutto
della morte, era generato nella vita o nella corruzione.
Secondo la celebre sentenza di Pitagora, sôma sêma, il
nostro corpo carnale è una tomba. Generato nella corruzione per
effetto di un cibo corruttibile, la carne
non può in alcun modo partecipare all’immortalità.L’Uomo
ha dunque bisogno di un nutrimento spirituale, separato dalla
corruzione del mondo misto.
Il primo segreto della Grande Opera consiste nel trovarlo.
Nessuna distillazione, per quanto sapiente essa sia, può
estrarre dai misti questa quintessenza purissima perché essa vi
è indissolubilmente unita alla loro corruzione. È la Prima
Materia. Il Creatore l’ha accuratamente sottratta alle
ricerche degli empi.
Ci sono due tipi di
fuoco. L’uno sopravviene all’altro per risvegliarlo e metterlo
in movimento. Come il sole di primavera viene a destare le
sementi addormentate in seno alla terra, questo nutrimento tutto
spirituale, preparato per mezzo dell’Arte, fa germogliare in noi
il seme del fuoco celeste profondamente sepolto nelle tenebre di
una terra sozza ed impura.Non basta dunque trovare questa
materia prima, occorre ancora prepararla per portarla al più
alto grado di perfezione. Tutti nel mondo ne viviamo e tuttavia
ci è sconosciuta. Ignorando l’Arte di servircene la nostra vita
dimora effimera:
“Questo è il pane disceso dal
cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono.
Chi mangia questo pane vivrà in eterno.”
Questa manna nascosta,
figlia del sole e della luna, discende dal cielo come rugiada
che vivifica ogni cosa; ma occorre coglierla allo stato puro,
prima che essa si mescoli ai misti. La sua natura è volatile e
non si fissa facilmente. Alcuni santi mistici e yogi sono certo
riusciti a scoprirla; ma hanno ignorato l’arte di prepararla per
farne l’Ambrosia di cui si nutrono gli dei immortali.
Omero, nell’Odissea,
ci insegna gli stessi misteri coperti dal velo di una bella
favola: sono le avventure di Ulisse e dei suoi sfortunati
compagni nel regno di Circe.
I compagni di Ulisse precedono l’eroe al castello della maga.
“Si fermarono nell’atrio della dea
trecce belle,
e Circe dentro cantare con bella
voce sentivano,
tela tessendo grande ed immortale,
come sono i lavori
delle dee, sottili e splendenti e
graziosi....
....Li condusse a sedere sopra
troni e divani
e per loro del cacio, della farina
d’orzo e del miele
nel vino di Pramno mischiò; ma
univa nel vaso
farmaci tristi, perché del tutto
scordassero la terra paterna.
Ed appena ne diede loro e ne
bevvero, ecco che subito,
con la bacchetta battendoli, nei
porcili li chiuse.
Essi di porci avevano testa, e
setole e voce
e corpo: solo la mente era sempre
quella di prima.
Così quelli piangenti furono
chiusi; ed a loro Circe
ghiande di leccio e di quercia
gettava e corniole
a mangiare, come mangiano i porci
che a terra si voltolano.”
Avendo appreso il
disastro, Ulisse si mette in cammino verso il maniero di Circe,
la strega, nella speranza di liberare i suoi compagni. Egli
incontra Ermes
sul cammino, che gli viene incontro con in mano una bacchetta
d’oro.Il
dio lo avverte dei pericoli verso cui si dirige e gli rivela
l’esistenza di una medicina che lo garantirà dalle droghe
funeste della dea:
“Così detto, mi dava l’erba
Argheifonte,
da terra strappandola e la natura
me ne mostrò;
la radice era nera, al latte
simile il fiore,
“molu”la chiamano i numi.
Strapparla è difficile
per le creature mortali, ma gli
dei tutto possono.”
La storia non dice se
i compagni di Ulisse avessero finito con l’organizzarsi
confortevolmente nel porcile; se avessero inventato una morale
edificante e complicata, una giustizia sociale di cui speravano
meraviglie ed i progresso scientifico che permettesse loro di
preparare in modo sempre più perfezionato le ghiande di quercia
e di leccio e corniole che dava loro la strega. Il poeta ci dice
che alla fine, per pura misericordia, Circe li liberò a seguito
della preghiera di Ulisse suo amante.
Erano molto ingrassati:
“...e fuori li spinse, simili a
porci grassi di nove stagioni.”
La dea li strofinò con
una nuova pozione che li purgò dal loro veleno ed essi ripresero
la loro primitiva forma:
“Nuovamente, dice il poema, eccoli
ridiventati uomini, ma più giovani, più belli e di più bell’aspetto.”
I Misteri cristiani
non hanno altro oggetto che questa divina Medicina. I Vangeli
non parlano che di ciò:
“Ho da mangiare un cibo che voi
non conoscete.”
Qui il Cristo è “il pane vivo
disceso dal cielo”,
e gli Ebrei litigavano tra loro dicendo:
“Come quest’uomo può darci la
sua carne da mangiare.”
Altrove è un tesoro
sepolto in un campo:
“...un uomo lo trova e lo nasconde
di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e
compra quel campo....trovata
una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la
compra.”
È un lievito che una
donna mette in tre misure di farina o un granello di
senape nera.
È un seme che un uomo getta nel suo giardino.
“Dorme e si alza la notte ed il
giorno ed il seme germoglia e cresce che egli sappia come.”
È in questo piccolo granello, in
questo piccolo seme, così piccolo, che consiste tutto il Regno
di Dio. Per quanto piccolo esso sia, è la sola cosa necessaria.
“Marta, tu ti preoccupi e ti
agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno.
Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta.”
Maria ha dunque
scelto, il che vuol dire che ha fatto una separazione; la parte
buona è la luce separata dalle tenebre, è il balsamo separato
dal veleno. È un’ape industriosa ma a modo suo, che non è quella
di questo mondo:
“L’ape trae dal suo seno una
sostanza liquida diversamente colorata e salutare agli uomini;
segno notevole per quelli che riflettono”.
“Che il diligente scrutatore di
questa scienza sappia che le api hanno l’industria di tirare il
miele, anche dalle erbe velenose”.
Che faceva dunque Maria mentre
Marta si agitava?
“Ella aveva una sorella di nome
Maria che, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua
parola”.
C’è dunque il lavoro di Marta che
si agita invano, che s’inquieta per molte cose, salvo per la
buona, naturalmente. È il lavoro del mondo che incatena, del
mondo le cui opere sono cattive.
C’è il lavoro di Maria che
consiste nel dimorare in riposo e ricevere la Parola. Chi
sceglie di fare come Maria, può, al giorno d’oggi, difendersi
facilmente da un piccolo complesso di inferiorità (ma solo
all’inizio) di fronte a tanta gente seria, lavoratori, utili
alla società?
È una Parola, in effetti, che
viene dalla brezza del mattino. Il lei sono tutte le delizie del
mondo.
Alcuni certo la ricevono, ma non la conservano, né la scaldano
al fuoco tenue dell’Atanor Filosofico.
“Mentre diceva questo, una
donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: «Beato il ventre
che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!». Ma egli
disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e
la conservano!».”
“In verità, in verità vi dico:
se uno conserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.
Il Prologo del Vangelo
secondo Giovanni contiene in lui tutto il mistero della
trasmutazione:
“In lui era la vita e la vita
era la luce degli Uomini.......A quanti però l'hanno accolto, ha
dato potere di diventare figli di Dio... i quali non da sangue,
né dalla volontà della carne, né dal volere d’uomo, ma da Dio
sono stati generati.”
C’era un dottore in
Israele: il suo nome era Nicodèmo. Non era come quelli della sua
casta: egli conosceva la sua ignoranza e cercava di istruirsi.
Allora venne a vedere Gesù, ma di notte ed in segreto, per
timore degli Ebrei,
e Gesù gli insegnava con quali misteri sono generati i figli di
Maria:
“Se uno non rinasce dall'alto,
non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può
un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda
volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gli rispose Gesù:
«In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da
Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla
carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti
meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento
soffia dove vuole e ne senti la voce,
ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato
dallo Spirito». Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?».
Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste
cose?”
È con quest’Acqua,
purissima sostanza, quintessenza virginale degli Elementi, che
tutto è stato fatto
per mezzo del Verbo di cui essa è il veicolo. È un’acqua secca
che non bagna le mani. I Filosofi la chiamano il loro Mercurio,
il loro Argento vivo.Talora essa è vapore, talora acqua, talora
terra. Essa sale al cielo e ne ridiscende:
“Sale dalla terra al cielo e poi
ridiscende in terra e riceve la forza delle cose superiori ed
inferiori. Avrai con questo mezzo tutta la gloria del mondo ed
ogni oscurità si allontanerà da te. Separa il sottile dallo
spesso, dolcemente e con grande industria.”
“Se vuoi puoi ascoltarmi” dice il
Mercurio al Filosofo. “Tu vedi la mia forma all’esterno, non hai
bisogno di ciò. Ma quanto a ciò su cui mi interroghi, sul mio
centro, sappi che il mio centro è il cuore molto fisso di tutte
le cose, che è immortale e penetrante; ed in lui è il riposo del
mio Signore.”
“Le Parole di Adonai sono
parole pure.
Un argento fuso in
un crogiolo sulla terra
Sette volte
purificato.”
A colui che vuole fare
una foresta si viene a dire che la quercia appartiene al genere
quercus, che i suoi fiori maschili sono raggruppati in
infiorescenze esili e pendenti; che il suo frutto è più o meno
ovoidale, la base posta in un involucro a forma di cupola; che
la sua maturazione è annuale o biannuale, che le sue foglie sono
caduche e lobate oppure persistenti ed intere o poco dentate;
che il suo legno è eterogeneo. Gli si enumerano le diverse
varietà: la quercia peduncolata, la quercia di rovere, la
quercia rossa d’America, il leccio, la quercia di Liegi.
Con un po’
d’applicazione, si può diventare molto istruiti in questo modo.
Ma non sarebbe meglio
che si desse a costui una ghianda? La seminerebbe in un po’ di
terra preparata e poi lascerebbe fare il sole e la luna, il
vento, la pioggia, le stagioni, il tempo. La ghianda
diventerebbe una quercia che dona a sua volta altre ghiande.
Così, chi sa aspettare riesce nello scopo di moltiplicare la
foresta.
Il vero seme nella vera terra è
tutta l’Arte d’Alchymia.
Trovare una ghianda o
una quercia che la porti, dopo aver preparato la sua terra,
equivale a scoprire il filo di Arianna per uscire dal labirinto.
L’inizio dell’opera è oscuro, i Filosofi lo hanno nascosto con
cura.
C’è un tempo per
tutto, non si semina in tutte le stagioni. Gli antichi Saggi che
hanno stabilito il fondamento dell’Astrologia avevano meglio da
fare che oroscopi: determinare il tempo della semina, quello
della germinazione, dell’infiorescenza, della fruttificazione,
della raccolta, delle vendemmie; prevedere il tempo freddo ed il
tempo caldo, la neve e la pioggia fecondante, sapere quando e
come si fa l’umile humus, quando la terra si indurisce sotto i
morsi del freddo serpente d’inverno, quando diventa nutriente e
calda sotto la carezza amorosa del sole.
Ecco l’Arte. Queste non sono
immagini né figure poetiche.
Tutti i Saggi Filosofi, tutti i
Profeti dell’Oriente e dell’Occidente non hanno stabilito i
misteri iniziatici, non hanno scritto le Sante Scritture che per
trasmettere agli uomini gli elementi di quest’Arte agricola. Chi
li disprezza, disprezza la sua propria vita e la perderà.
Ma non ci hanno donato il loro
insegnamento che in termini velati: è un cofanetto trasportato
su dorso d’asino attraverso i secoli. La chiave del cofanetto è
nella potenza del Dio Onnipotente che la presta a chi vuole.
I Saggi di tutti i tempi non hanno
conosciuto che un solo mistero: quello dell’Incarnazione, della
Morte e della Risurrezione gloriosa del Signore di vita. È lì
che si ricongiungono. È lì che sono Saggi. Aldilà di alcune
differenze di temperamento, di clima, di espressione che
fuorviano gli spiriti superficiali, essi non hanno conosciuto
altro che un piccolo bambino sdraiato nell’incavo di una quercia
e sua madre che ce lo porta, dapprima, con un grazioso saluto.
Ci sarebbe molto da scrivere su questo, ma temiamo d’essere
indotti a scrivere un grosso volume invece di un modesto saggio.
E poi non è nostra intenzione convincere alcuno. I Misteri di
Iside, Osiride e di Horus in Egitto, quelli di Demetra e
Persefone ad Eleusi,
quelli di Dioniso, i banchetti sacri dei Pitagorici
avevano altro fine? Lao T’seu, Krishna, Zoroastro e Maometto
sono venuti a portare un altro messaggio agli uomini?
Tutti i misteri si ricongiungono
nella Teofania di Betlemme.
“Il Saggio ricercatore deve
considerare tutta la Grande Opera”, scrive Jacob Boehme, “in
rapporto all’umanità del Cristo, dal momento in cui esce dal
ventre di sua madre, Maria, fino alla sua risurrezione ed alla
sua ascensione. Il Mago deve conservare ed osservare questa
successione in rapporto stretto con la Grande Opera.”
“Io sono colui che è, che era
e che viene”, dice il
Cristo.
“Abramo, vostro padre, esultò
nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”
Ma era uno scandalo per gli Ebrei
che presero delle pietre per scagliargliele contro. É ancora e
sempre così.
Che il lettore curioso ma non
convinto studi senza pregiudizi (ecco la cosa difficile) i
Misteri Antichi, che legga con cuore amico le Sante Scritture
d’Oriente e d’Occidente. Si accorgerà che non c’è che un solo
insegnamento, più o meno oscurato, presso tutti i popoli del
mondo. Questo può dirsi in una frase:
“Il Verbo si è fatto carne ed
ha abitato tra di noi”.
L’acqua è un’eccellente medicina,
ma occorre saperla fissare, dicono i Filosofi:
“Si estrae dalla terra che ci
viene dall’alto il movimento perpetuo, se essa si dissolve nella
sua acqua per mezzo del fuoco filosofico, dopo che ha ripreso la
forma del caos che avevano gli elementi prima della separazione
delle cose elementate.”
Quando questa preziosa materia,
figlia del Sole e della Luna,
è messa nel vaso filosofico, ben sigillata, essa assume un
colore nerissimo che gli Artisti chiamano la Testa del Corvo. È
la putrefazione alchemica nel corso della quale si realizza
l’unione del maschio e della femmina.
Il colore nero è dunque il primo colore dell’opera.
Poi, la materia si sbianca poco a
poco. Assume prima il colore grigio: è Giove (lo stagno) che
succede a Saturno (il piombo). Quando questo appare, puoi
bruciare tutti i libri, dicono i Filosofi. È infine il colore
bianco, Artemide, Diana più bianca della neve e che non si
mostra nuda che ai candidi amanti della Scienza. Gli antichi
davano a Persefone
rapita agli inferi da Plutone il nome di Ferefate, colei che
nutre le tortorelle. Ella è madre e colei che nutre, in
effetti, poiché il colore nero nutre il colore bianco che ne è
sfociato, come la radice nera dell’erba molu nutre il suo
fiore bianco. Il colore bianco è dunque il secondo colore
principale dell’opera. È la Pietra al bianco: essa tinge i
metalli in argento. Se ne trae l’elisir al bianco che è un
rimedio eccellente per gli spiriti.
La materia infine, dopo aver
assunto diversi colori intermediari, passa al rosso. È la pietra
al rosso con cui si fa l’elisir al rosso, eccellente medicina
per gli spiriti e per i corpi. Essa ha la proprietà di tingere
in oro tutti i metalli.
Secondo la favola, Latona, incinta
di Diana ed Apollo e perseguitata dal serpente Pitone, partorì
sull’isola di Delo che Nettuno aveva fissato sul mare
perché gli servisse da rifugio. Diana, la Pietra al bianco che
nacque per prima dalla materia al nero, aiutò sua madre a
mettere al mondo Apollo, ovvero la Pietra al rosso. Il bianco ed
il rosso escono in effetti da una stessa radice, il nero, ma il
bianco precede il rosso.
Sono i tre colori principali che
gli Adepti osservano nel vaso alchemico durante l’elaborazione
della Grande Opera.
Il bambino che i Saggi allevano
con cura cresce in età ed in saggezza. Egli diventa un principe
molto potente: raddrizza ciò che era deviato, guarisce i malati.
Rende il movimento ai paralitici, la vista ai ciechi, la vita ai
morti. Cammina sull’acqua. Fa ogni sorta di cose degne di
ammirazione. È un giudice assai eccellente, un principe
invincibile che arricchisce i suoi amici con le spoglie dei suoi
nemici.
Infine, egli è consegnato agli
ebrei per essere crocifisso. La sua carne è veramente un
nutrimento ed il suo sangue una bevanda: ne nutre i suoi amici;
comunica loro la sua propria vita affinché diventino suoi
fratelli. Il terzo giorno risuscita gloriosamente e sale al
cielo. Ogni volta che gli ebrei lo crocifiggono egli risuscita e
la sua potenza è moltiplicata: dieci volte, cento volte, mille
volte. È glorioso ed invincibile. È un amico fedele che porta
soccorso ai suoi in tutte le loro necessità. Egli basta a tutto.
Beato colui che avrà trovato il cammino del suo palazzo: da quel
momento in poi non avrà più niente da desiderare.
“Abbiamo bevuto alla memoria del
Benamato un vino che
ci ha inebriati prima della
creazione della vigna.
Il nostro bicchiere era la luna
piena. Lui è un sole: una crescente la fa circolare. Quante
stelle risplendono quando è mescolato!
Senza il suo profumo, non avrei
trovato il cammino delle sue taverne,
Senza il suo fulgore,
l’immaginazione non potrebbe concepirlo...
Ch’egli venga un giorno allo
spirito di un uomo,
La gioia s’appropria di costui e
la tristezza se ne va.
La sola vista del timbro posto sui
vasi
Basta a far cadere i convivi
nell’ebbrezza.
Se irrigassero con un tal vino la
terra di una tomba
Il morto ritroverebbe la sua anima
ed il suo corpo sarebbe rivivificato.
Disteso all’ombra del muro della
sua vigna,
Il malato, già
agonizzante, ritroverebbe immediatamente la sua forza.”
Il discredito nel quale questi
misteri sono abbandonati è stato in tutti i tempi un soggetto di
stupore per gli amatori di vita. Essi ne hanno dedotto, con
Eraclito, che l’uomo da se stesso non è intelligente, che non
può andare spontaneamente verso il Mistero, se Dio non lo
attira. Gli uomini, lasciati nelle tenebre dell’ignoranza,
tradiscono e mutano in derisione le parole sante. Per quanto la
storia ci permette di giudicare, gli ultimi cento cinquant’anni
sembrano essere stati quelli del maggior abbassamento dello
spirito umano; il nostro secolo soprattutto è specialmente
ribelle all’insegnamento degli antichi Saggi e ciò per delle
ragioni precise che ci sforzeremo di ricordare a mo’ di
conclusione.
I Vangeli, e specialmente quello
di Giovanni fanno frequenti allusioni ad una opposizione
fondamentale del Principe di questo Mondo al Regno di Dio
predicato da Gesù. Ma è il Profeta Maometto che ci dona, in un
versetto del Corano, tutta la soluzione del problema del
male:
“Noi ordinammo agli angeli di
adorare Adamo ed essi lo adorarono. L’orgoglioso Eblis
rifiutò di obbedire e fu nel numero degli infedeli.”
Ingannato dall’apparenza del fango
di cui Adamo era stato fatto, Satana rifiutò il mistero
dell’Incarnazione. È per questo motivo che, dalla caduta, egli
si sforza con tutti i mezzi di sviare gli uomini dalla Medicina
di Salvezza. Li fuorvia con i prodigi, in verità assai
stupefacenti, che questi realizzano sotto la sua ispirazione, e
che non sono in realtà che un immenso divertimento, nel
senso pascaliano del termine.
Satana è spirito di scienza molto
sapiente. Egli sa che il sapere umano è una potente illusione
che svia gli uomini dalla scienza di Dio.
È un medico onorato. La sua
medicina ha fatto del resto progressi tali che non conosciamo
più oramai che questa e non cerchiamo più in quella di Dio e dei
suoi santi.
È un gran teologo, molto sensibile
sulla questione dell’ortodossia; egli sa che è il miglior modo
di separare gli uomini in sette rivali e di dividere ciò che Dio
vuole unire.
È un metafisico sottile: è per
quella via che lo spirito si perde nei suoi propri pensieri, si
separa dalla terra che lo nutre e lo fissa e si perde nelle
nuvole.
Diffonde assai a proposito, tra i
fedeli, la paura del diavolo. Sa che questa paura devia molto
efficacemente dalla ricerca dei misteri quelli la cui fede è
incerta.
È un gran politico,
un diplomatico, uno stratega. Con l’esca di un potere illusorio
e puramente esteriore, fondato sulla violenza, sa far
dimenticare agli uomini che erano stati concepiti
per esercitare l’Arte Regale.
È un ardente patriota. Il termine
è del resto recente: è una delle sue ultime creazioni. Per gli
uomini di tre secoli fa, era sprovvisto di significato: ma erano
dei barbari ignoranti del progresso, che non sapevano fare la
guerra bene quanto noi. Il patriottismo è di una efficacia
meravigliosa per far dimenticare agli uomini il ricordo della
patria.
Satana ha appena inventato un
nuovo mascheramento: è un riformatore sociale pieno di idee
generose e seducenti ed un distinto economista. È pieno di buona
volontà verso gli uomini, Vuole rendere sempre più confortevole
il porcile. Si interessa alla giustizia sociale, alle riforme
strutturali, alla difesa della proprietà, al collettivismo,
alla prosperità economica. È di volta in volta reazionario e
progressista. È conservatore, democratico, fascista, marxista e
cos’altro ancora? Tutto porta acqua al suo mulino, tutto ciò che
turba, tutto ciò che confonde, tutto ciò che svia dall’Unico
necessario. Producete, ci predica, per aumentare le vostre
ricchezze ed il vostro benessere, consumate per aumentare la
produzione. Andate a portare ai popoli sottosviluppati la
buona parola e la civiltà. Svegliate la loro concupiscenza: ché
il sole, l’olivo ed il dattero non bastano loro più. Fatene dei
consumatori, dei produttori, degli schiavi. Egli glorifica tutte
le opere umane ed il penoso lavoro degli uomini incatenati;
parla di redenzione mediante il lavoro. Chi dunque ha
detto ch’egli era la scimmia di Dio? Forse in un angolo sperduto
un saggio isolato si accontenta ancora del piccolo giardino che
Dio gli lascia condividere e lascia lavorare per lui il sole e
la luna, l’acqua e la terra. Che Satana non lo scopra! Lo
denuncerebbe come un essere asociale che non ha il senso della
comunità. Invocherebbe perfino la necessità di praticare la
carità per forzare il nostro saggio a rientrare nei ranghi,
nella danza che sfinisce dei folli. Il tempo non è lontano in
cui colui che non avrà sulla fronte e sulle mani il marchio
della Bestia non potrà più comprare né vendere. È anche riuscito
a far scomparire dalle nostre regioni i mendicanti,
ma non la miseria né la disperazione degli uomini.
In nome della Scienza, egli
profana tutto quello che tocca. Viola le tombe.
Disonora la donna. Non ha appena scoperto la generazione
artificiale, quest’odioso simulacro della partenogenesi? L’Uomo
era figlio dell’amore.
Tra qualche anno non sarà più vero.
Satana è assicuratore-consigliere.
Assicura contro tutti i rischi: il furto, l’incendio, la
disoccupazione, la malattia. Fa anche assicurazioni sulla vita.
È un piccolo traffico assai produttivo, ma che non ha mai
impedito nessuno di morire. Ha fatto talmente bene che abbiamo
perso il senso di questa parola:
“Il Padre Vostro sa di cosa
avete bisogno prima che lo chiediate.”
Le nostre
straordinarie realizzazioni non sono di natura a sedurre, se mai
possibile, gli stessi eletti? La nostra scienza, la nostra
tecnica sono dei prodigi, rispetto ai tempi antichi. E tuttavia,
ci sentiamo tutti i giorni più soli, più inquieti per il domani,
più abbandonati, più sprovvisti. Quale psicanalisi potrebbe
dunque rompere il muro di angoscia che ci stringe? Ci crediamo
civilizzati: non siamo che un mucchio di ignoranti barbari,
armati di tecniche temibili.
Siamo degli orfani
abbandonati che hanno perduto perfino il ricordo dei loro
genitori e della loro eredità, caduti sempre di più in un mondo
volgare e grossolano che non era fatto per loro. Siamo stati
raccolti ed allevati da schiavi ribelli; dopo averci imposto i
loro concetti della vita, ci hanno incatenato alle loro
necessità illusorie.
Il canto della tortorella non
desta più i figli del Re.
L’Uomo ha perduto il
cammino che conduce al palazzo di suo padre. Non sa più che era
stato creato per regnare nella gioia, le feste ed i giochi.
Non lo sa più, ma
gliene è rimasta un’oscura nostalgia. È per questo motivo che si
sforza tanto appassionatamente di ritrovare con le sue proprie
luci la felicità perduta a causa della caduta. Ma le sue luci
sono quelle di uno schiavo ribelle. Il veleno è in lui e tutta
la sua scienza non riuscirà mai a separare la vita dalla morte.
Le sue opere sono illusorie quanto i castelli di sabbia dei
bambini sulla spiaggia: ogni marea li dissolve e tuttavia essi
si sforzano di mantenerli; dopo ciascun disastro, un maestro di
scuola arrogante viene ad assumerli per riprendere lo stesso
lavoro secondo un piano più perfezionato.
Non è tempo
finalmente, per quelli che hanno compreso, di cessare questo
giochino?
Con il distacco del tempo, la
rivoluzione francese sembra essere stata una tappa importante
nella storia del mondo. C’è sempre stato nell’uomo un vecchio
fondo di rivolta che cova come un fuoco latente. Ma dal XVIII
secolo questi ha preso le proporzioni di un vasto incendio che
minaccia tutto il pianeta. Il 21 gennaio 1793 cadeva a Parigi
sotto la lama della ghigliottina la testa di re Luigi XVI,
ultimo e sfortunato successore dei Faraoni, dei re d’Israele e
di Giuda: la monarchia di diritto divino che conferisce
l’unzione santa e solo fondamento legittimo del potere
politico, svaniva per sempre.
A partire da quel tempo, gli uomini hanno collettivamente e
pubblicamente rinnegato ciò che viene dall’alto che rivolgersi
verso ciò che è in basso, unicamente. È una coincidenza? Da
quell’epoca i Saggi non hanno più fatto parlare di loro.
Ecco cento cinquant’anni che noi
tutti subiamo, senza discussione, il più omicida di tutti i
dogmi, quello del Progresso scientifico.
Dove sono i suoi benefici?
L’Uomo? Diviso interiormente,
vampirizzato, proiettato fuori da se stesso nell’infernale
carosello di imprese titaniche, periodicamente promesso ad
apocalittici massacri.
La società? Dissolta, ridotta alla
sterilità della sabbia umana
che i venti accumulano e dispongono e disperdono a loro
piacimento nel deserto.
La materia, infine, disintegrata.
Ci parlano con angoscia di una
civiltà cristiana minacciata, allorché non esiste più alcuna
civiltà cristiana. Sussiste un vago profumo di cristianesimo che
si dissipa lentamente. L’odore che gli succede è di un’altra
natura. L’avvenire è più incerto che mai e temiamo nuovi
macelli. I Saggi non dicono mai: forgiate delle armi, tessete
delle alleanze. Essi dicono piuttosto: convertitevi all’amore di
Dio. Colui che ha creato il cielo e la terra fa tutto ciò che
gli piace. Può anche, se lo vuole, dissipare i temporali.
L’uomo d’oggi è infinitamente
triste. Prende tutto sul serio: il lavoro, la povertà, la
ricchezza, il piacere, tutto, tranne la libertà nell’amore e
nella gioia. Quando si diverte è lugubre. Come lo scoiattolo
prigioniero fa girare la sua cella, preso in trappola dal suo
stesso gioco, egli si stordisce. Esaù barattava il suo diritto
di primogenitura con un piatto di lenticchie e noi abbiamo
scambiato la mandorla viva con la scorza morta.
“Il diavolo lo condusse su un’alta
montagna, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e
gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e tutta la gloria di
questi regni, PERCHÉ È STATA MESSA NELLE MIE MANI E IO LA
DO A CHI VOGLIO.”
Satana, assicuratore e consigliere
dell’umanità perduta, dove sarai tu nel giorno del giudizio? Il
giorno in cui l’opera di ciascuno sarà soggetta alla prova del
fuoco?
“...E sarà come un sogno, come
una visione notturna...
Come quando un affamato sogna
di mangiare,
ed al suo risveglio la sua
anima è vuota;
come quando un assetato sogna
di bere,
e si sveglia stanco e con la
gola riarsa:
Così succederà alla moltitudine
di tutte le nazioni
che marciano contro la montagna
di Sion.”
Emmanuel d’Hooghvorst