SUL QUADRATO MAGICO DEL “SATOR”
(di Mykael G.)

Felice colui che ha penetrato i Misteri;
ché egli conosce l’origine e la fine della vita.
(Pindaro)

Notevole è il fascino suscitato dal quadrato magico del Sator, ritrovato in siti archeologici, monumenti, chiese ed edifici di vario genere in tutta Europa. Esso è costituito da cinque parole di cinque lettere ciascuna che formano una frase palindroma:

SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS

Leggendo il quadrato orizzontalmente da sinistra verso destra e verso il basso oppure da destra verso sinistra e verso l’alto, oppure verticalmente dall’alto verso il basso e verso destra oppure dal basso verso l’alto e verso sinistra, si ottiene sempre la stessa frase; e ciò è conseguenza del fatto che esiste una simmetria centrale rispetto alla lettera “N”.


Figura 1
I rimanenti quattro sensi di lettura, che si ottengono invertendo i precedenti, danno origine alla seguente frase palindroma con le cinque parole invertite:

ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR

E in corrispondenza a questo palindromo, esiste la seguente variante speculare del quadrato magico:

Figura 2
Numerosi sono stati i tentativi di determinare l’origine del quadrato magico e di risolvere il mistero che sembra racchiudere. Dapprima si credette che fosse di origine medioevale, ma nel 1868 ne fu rinvenuto uno in Inghilterra sull’intonaco di una casa di Cirencester del III secolo d.C. e si pensò che la struttura palindroma nascondesse una “crux dissimulata” (vedi fig.3), un artificio dei primi Cristiani atto a nascondere il simbolo della loro religione nel periodo delle persecuzioni.

Figura 3
Agli estremi della croce le lettere “A” e “O” rappresentano “l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine” [1].
Inoltre, veniva proposta la traduzione delle cinque parole: si scoprì che la misteriosa parola arepo derivava dal termine gallico arepos ovvero carro, trasformato nel termine latino arepus; arepo era da intendersi come l’ablativo di strumento “con il carro”. La traduzione completa era, quindi, la seguente: “Il seminatore con il carro tiene con cura le ruote”, frase priva di significato che aveva la sola funzione di nascondere appunto la croce dissimulata.
Da allora si pensò che il quadrato magico fosse originario della Gallia e che avesse un significato cristiano.
Ma nel 1925 durante gli scavi per disseppellire Pompei, il quadrato magico fu rinvenuto sull’intonaco di una casa di via dell’Abbondanza; nel 1936 ne fu rinvenuto un altro sulla scanalatura di una colonna del portico della Grande Palestra. In base alle analisi degli archeologi, i due quadrati risultarono realizzati prima dell’eruzione del 79 d.C.
Con questi ritrovamenti, cadeva la teoria fino ad allora accreditata, perché era escluso da fonti storiche che ci fosse un culto cristiano a Pompei e, soprattutto, veniva a cadere l’interpretazione delle lettere “A” e “O” che sono citate nell’Apocalisse di San Giovanni, diffuso in Italia dopo l’eruzione del Vesuvio.
Recentemente le ricerche della dott.ssa Bianca Capone hanno messo in evidenza che molti dei siti dove è stato ritrovato il quadrato magico furono possedimenti templari [2].


L’Ordine dei Templari fu fondato nel 1119 con l’obiettivo, affermano le fonti ufficiali, di proteggere i pellegrini che si recavano in Terra Santa. Sostenuto da S. Bernardo di Chiaravalle [3], da lui ricevette la Regola monastica.
I Cavalieri del Tempio, così chiamati perché fu loro assegnato come sede il luogo del Tempio di Salomone a Gerusalemme, divennero in breve tempo ricchi e potenti e costruirono migliaia di edifici di vario tipo, castelli, chiese e residenze.
Nel 1307 il re francese Filippo IV il Bello, debitore dell’Ordine, accusò di eresia i Cavalieri e li fece arrestare. Nel 1312 il Papa Clemente V soppresse l’Ordine e ne confiscò i beni. Un tale, eccessivo comportamento fu dettato indubbiamente dal timore, quasi maturata certezza, di un’azione mirante ad un epocale sovvertimento politico-religioso; secondo alcune fonti, l’Ordine si era nel tempo mutato in una potentissima organizzazione trasversale, in grado di produrre una sintesi tra la cultura occidentale e quella orientale, basata sul superamento delle differenze formali e nel nome di una religione universale.
Lo stesso epiteto “Custodi della Terra Santa” dato ai Templari esprime, nel contesto espressivo del Medioevo, tutt’altro che un mero compito di protezione dei pellegrini: i Templari, in quanto Cavalieri, erano possessori e protettori di Gerusalemme, luogo religioso di riferimento per la fede cristiana, e in quanto monaci iniziati erano i custodi del “Cielo Terrestre”, secondo l’espressione cara ai figli dell’Arte [4], cioè del nucleo segreto della tradizione esoterica, comune denominatore da cui si diramano tutte le religioni.


Tutte le religioni constano di una dottrina esteriore o exoterica e di una interiore o esoterica. La dottrina exoterica è formata dai riti e dogmi pubblici insegnati negli edifici di culto. La dottrina esoterica viene, invece, comunicata nell’ambito delle confraternite segrete e nelle Scuole [5] ed è appresa mediante un percorso iniziatico. Tutte le dottrine esoteriche delle varie religioni si basano sugli stessi principi e si parla più propriamente di Tradizione.
Per millenni la tradizione esoterica fu tramandata, insieme alla cultura scientifica arcaica, per mezzo del codice iconico. Al contrario delle immagini che illustrano un testo moderno, le icone arcaiche sono realizzate al fine di fissare, memorizzare e comunicare una dottrina ed un’Arte, indipendentemente dal linguaggio utilizzato dai vari popoli [6]. L’introduzione, la diffusione e l’utilizzo per usi profani della scrittura produsse una frattura tra la nuova cultura che si sviluppò con essa e la cultura arcaica tradizionale. Così buona parte delle conoscenze cosmologiche e teologiche, comunicate oralmente e raffigurate con il codice iconico, perdette col passare del tempo il legame tra il significante e il significato.
I Misteri della tradizione esoterica appaiono velati dai miti che hanno per protagonisti dèi ed eroi acquisiti dalla tradizione popolare. Originariamente il mito è tutto ciò che non è suscettibile di espressione diretta e il suo significato può essere comunicato solo mediante la rappresentazione simbolica, integrata dalla Parola Svelata. Il mito ha diversi livelli di lettura: il livello letterale, ad esempio, ci fa apparire il mito come una favola; quello allegorico interpreta i miti come fenomeni naturali e celesti che influenzano la vita dell’uomo; quello esoterico li interpreta, invece, come rappresentazione dei principi metafisici ed è equivalente al senso anagogico della patristica medioevale e al senso segreto Sod, l’ultimo livello cabalo-alchemico [7].
Presso gli Egizi, ad esempio, troviamo il mito di Iside e Osiride, presso i Palestinesi il mito di Astarte e Adonaì, presso i Frigi il mito di Cibele e Attis, presso i Greci il mito di Demetra e Persefone. Il livello allegorico di lettura di questi miti ci dà informazioni sui cicli naturali e celesti; il primo livello esoterico ci offre la rappresentazione dei misteri della Morte e della Resurrezione dell’Anima, mentre l’ultima rivelazione riguarda la via dei Saggi e la teofania del Corpo.
In particolare, Iside, Astarte, Cibele e Demetra sono denominazioni diverse che vari popoli hanno assegnato alla stessa divinità, la Grande Madre, la dea dai mille nomi. Per il popolo è la divinità che personifica la Natura, è la Madre di tutti gli uomini e di tutto ciò che vive, è la protettrice della fecondità e della vita, è dea guaritrice; ma al di là del significato exoterico, la Grande Madre acquista il significato esoterico di Principio Divino Femminile o Materia Spirituale, creata per emanazione dall’Unità Primordiale e che informa a sua volta la Materia Grave, anche se, per mano dei Saggi, può farsi in modo che “…il suo Fattore non disdegni di farsi sua Fattura…”, come rivela Dante nel XXXIII canto del Paradiso.
La Grande Madre è legata anche al fenomeno del tellurismo. Secondo una tradizione antichissima, vi sarebbero dei luoghi dotati di particolari qualità determinate dalle correnti energetiche terrestri, che favorirebbero le funzioni biologiche, emotive e spirituali degli esseri umani; questi luoghi, pertanto, sarebbero stati utilizzati per scopi terapeutici, cerimoniali e misterici. Per segnare tali luoghi, la tradizione ha tramandato una serie di “segni” legati alla Grande Madre, che esprimono elevati concetti di ordine cosmologico, filosofico, essenziale e sostanziale. In molte chiese cristiane, ad esempio, costruite in luoghi dedicati anticamente al culto della Grande Madre, troviamo spesso tracciato sul pavimento un labirinto, simbolo tellurico che esprime la difficoltà dell’uomo nello scoprire la propria natura. Un altro esempio di segno tellurico è la triplice cinta [8] (vedi fig.4), ritrovato, in particolare, in molti siti templari; e ciò potrebbe costituire la prova dell’integrazione del fenomeno del tellurismo e del culto della Grande Madre nella loro religione sincretica.


Figura 4
La triplice cinta è il simbolo dell’iniziazione alla dottrina esoterica. Essa è costituita da tre quadrati concentrici che indicano i gradi iniziatici [9]; l’interno del quadrato centrale rappresenta il Santuario dei Misteri della tradizione esoterica; i quattro segmenti che uniscono i punti mediani dei lati dei quadrati indicano i canali attraverso cui la tradizione viene comunicata. L’iniziazione si basa sulla trasmissione del senso di immagini di alto contenuto simbolico; l’iniziato è guidato lungo il cammino dalla Grande Madre, perché soltanto la comunione con la Natura intesa come Madre, come essere vivente composto di materia ed energia da cui tutta la vita proviene e a cui tutta la vita fa ritorno, permetterà a lui di vivere un’esperienza di profondo risveglio interiore, nella quale assisterà alla propria morte e alla sua seconda nascita in uno stato di nuova consapevolezza.
Anche il quadrato magico del Sator, come già accennato in precedenza, è stato ritrovato in molti siti templari e talvolta insieme alla triplice cinta; ciò ci può indurre a ipotizzare che i Templari conoscessero il suo significato esoterico e che lo utilizzassero come segno atto a indicare i luoghi attraversati dalle correnti telluriche. Se questa affermazione risultasse fondata, ci troveremmo di fronte a un simbolo esoterico legato alla Grande Madre che col tempo ha perso il legame tra significante e significato.
L’interpretazione che viene proposta di seguito è un tentativo di ricomporre questo legame, pur nella consapevolezza che un simbolo esoterico non può essere spiegato razionalmente ma, in verità, vissuto e sperimentato e che, quindi, le argomentazioni svolte di seguito non faranno che svilirlo; in esse il lettore interessato troverà, comunque, degli input che gli permetteranno di entrare in relazione con i possessori del suo segreto.


Cominceremo a focalizzare la frase palindroma del quadrato magico al fine di trovare una traduzione utile ad evidenziare un particolare approccio al mistero.

SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS

Per il carattere palindromo della frase, la parola centrale TENET è necessariamente palindroma; le parole SATOR e AREPO sono invece bifronti, cioè se sono lette nei due sensi hanno significanti e significati diversi; le parole corrispondenti ai bifronti sono rispettivamente ROTAS e OPERA.
La parola TENET è la terza persona singolare del presente indicativo del verbo latino teneo-es e significa “tiene”. Pertanto esiste un soggetto al singolare che compie l’azione espressa da questa voce verbale.
La parola SATOR è il nominativo o il vocativo singolare di sator-oris che in latino significa “seminatore”; potrebbe essere quindi il soggetto della frase. In senso figurato significa “generatore”, “padre”, “creatore”; era infatti un epiteto di Giove, il padre degli dei e degli uomini.
La parola ROTAS, simmetrica di SATOR, è l’accusativo plurale di rota-ae che in latino significa “ruota”. La ruota è un simbolo esoterico risalente ai Veda; il movimento ciclico circolare dà l’idea del trascorrere del tempo, concetto strettamente legato ai fenomeni naturali e al destino dei mortali, da cui discende l’accezione latina “ruota delle vicende umane”. I Veda distinguono, inoltre, i due piani di realtà dell’Universo, la Natura Celeste e la Natura Terrestre e li rappresentano con due ruote che girano attorno a un asse comune di rotazione. Pertanto, il plurale ROTAS indica in senso figurato l’Universo ovvero il Creato.
La parola AREPO non appartiene alla lingua latina e, pertanto, ne tralasciamo per il momento l’analisi.
La parola OPERA è il nominativo o l’ablativo singolare di opera-ae che in latino significa “opera”, “attività”; se il soggetto della frase è SATOR, allora OPERA è un ablativo che esprime, in senso figurato, il modo con cui le Rotas sono tenute dal Sator, cioè “in attività”, “in funzione”, “in movimento”.
Sintetizzando le considerazioni fatte finora, si ottiene la seguente traduzione incompleta, con chiaro significato cosmogonico:

Il Creatore tiene in movimento il Creato

E’ curioso constatare che la parola bifronte SATOR (il Creatore) risulta contrapposta alla sua inversa ROTAS (il Creato) sia come significante sia come significato.
E’ spontaneo congetturare che questa regola sia valida anche per la seconda parola bifronte e ciò ci aiuterebbe a trovare una traduzione soddisfacente per la misteriosa AREPO; pertanto, se OPERA è un ablativo riferito a ROTAS che esprime movimento, AREPO potrebbe essere un ablativo riferito a SATOR che esprime immobilità.
Per ottenere un simile risultato, dovremmo trovare un termine latino che esprima il concetto di immobilità. Purtroppo, come è stato precisato sopra, la parola AREPO non è latina. Ma se non appartiene alla lingua latina, potrebbe forse appartenere alla lingua colta per eccellenza, la lingua greca.
La parola greca che più si avvicina ad AREPO è il seguente aggettivo:

Esso significa “che non piega”, “equilibrato”; il biografo Plutarco la utilizza con il significato di “stabile”, “impassibile”. Deriva dal seguente verbo greco:
Esso significa “mi piego”, “inclino”; se si aggiunge l’”Alfa” privativa e si raddoppia per eufonia la lettera “Ro”, si ottiene il termine precedente che significa appunto “equilibrato”. Pertanto la parola AREPO potrebbe essere un termine greco liberamente latinizzato e trasformato nel sostantivo “arepum” o nell’avverbio “arepo” e indicante “equilibrio”, “stabilità”, “immobilità”.
La traduzione completa della frase palindroma è allora la seguente:

Il Creatore in equilibrio tiene in movimento il Creato

Anche la parola AREPO, quindi, risulta contrapposta alla sua simmetrica OPERA, non solo come significante ma anche come significato. Inoltre, notiamo che AREPO è proprio il termine che completa la rappresentazione cosmogonica offerta dalla frase palindroma, perché definisce l’equilibrio del Creatore contrapposto al movimento del Creato.
In conclusione, la frase palindroma del quadrato magico del Sator ha un significato cosmogonico e, precisamente, esprime con linguaggio alfabetico il significato del simbolo esoterico del cerchio, l’Uno-Tutto ermetico: il centro del cerchio è SATOR AREPO, il Creatore dell’Universo, il principio divino manifesto; il cerchio è OPERA ROTAS, ovvero l’Universo, creato per espansione uniforme in tutte le direzioni e tenuto in movimento equilibrato dal SATOR AREPO. Nell’abbazia templare di Valvisciolo in provincia di Latina vi è una variante circolare del Sator che presenta le lettere disposte in cinque anelli concentrici, divisi a loro volta in cinque settori, come se volesse sottolineare il significato cosmogonico racchiuso nelle cinque parole.
La frase palindroma, inoltre, risulta essere uno straordinario gioco di parole, perché le sue lettere sono simmetriche rispetto alla “N” centrale e le sue parole sono simmetriche rispetto a TENET, sia per quanto riguarda i significanti, sia per quanto riguarda i significati. Nella Collegiata di Sant’Orso ad Aosta, vi è una seconda variante del Sator che sottolinea la simmetria delle parole, perché presenta la frase palindroma all’interno di una corona circolare con i caratteri graficamente speculari rispetto alla lettera “N” centrale. Tale proprietà ci suggerisce un significato più profondo: leggendo la frase indifferentemente nei due sensi, possiamo immaginare SATOR AREPO che specchiandosi nella parola TENET vede se stesso in OPERA ROTAS. Se invece consideriamo la frase palindroma relativa al quadrato magico speculare (vedi fig.2), l’attenzione si sposta dal Creatore al Creato; in tal caso, possiamo immaginare ROTAS OPERA (o meglio l’Uomo, “l’occhio attraverso cui il Creato osserva se stesso”, come diceva il fisico Victor Weisskopf) che specchiandosi nella parola TENET vede se stesso in AREPO SATOR. Nel Genesi della Sacra Bibbia è scritto: “Dio creò l’Uomo a sua immagine e somiglianza”; la frase palindroma sembra proprio riferirsi alla condizione adamitica dell’umanità nel Paradiso Terrestre: SATOR rappresenta il “Divino Giardiniere” e ROTAS rappresenta il “Primo Uomo”.


Alla luce di queste considerazioni, la parola TENET ci appare come la sintesi delle cause che hanno determinato la situazione cosmogonica descritta dalla frase palindroma; la nostra attenzione sarà quindi rivolta all’analisi della parola TENET, allo scopo di giungere a una sua interpretazione esoterica.
Il carattere palindromo della parola TENET, per cui risulta uguale a se stessa nei due sensi di lettura, ci suggerisce i concetti di equilibrio, di immobilità, di immutabilità propri dell’Uno, del Principio Primo dell’Universo; inoltre, il significato del verbo latino teneo (tenere, possedere, reggere, ottenere) aggiunge il senso dell’onnipotenza. Considerando, poi, le singole lettere che compongono la parola TENET, rileviamo un significato cosmogonico che integra quello della frase palindroma e che ne è il presupposto: la lettera “N” al centro rappresenta il Principio Divino Maschile o Intellettivo (Nous per i Greci, Numen per i Latini), la lettera “E” rappresenta la sua emanazione, cioè il Principio Divino Femminile o Plasmante (Natura Essenziale) e la lettera “T” rappresenta la Materia Grave, creata con un’equilibrata combinazione degli elementi primordiali (Natura Terrestre).
Possiamo aggiungere che la lettera centrale “N”, centro di simmetria della frase palindroma, è l’iniziale non solo di Nous e di Numen, ma anche di altri termini cosmogonici; siamo, allora, tentati di costruire degli acrostici con le lettere della parola TENET che descrivano le fasi della Creazione; si può, anzi, supporre che l’autore possa aver concepito il quadrato magico proprio da questo studio preliminare. Ecco di seguito una serie di siffatti acrostici.

Tota Essentia Numero Est Tracta

La traduzione dell’acrostico è “L’intera Essenza è ottenuta con il Numero”. I primi quadrati magici vengono, infatti, realizzati sulla base della dottrina esoterica aritmosofica, la sacra scienza dei Numeri, che intende svelare i misteri della creazione mediante il concetto metafisico di Numero. Famosi sono gli enneagrammi di origine caldaico-egiziana, scritti con caratteri ideografici che illustrano il macrocosmo come basato sull’armonia degli opposti; saranno poi ripresi dalla scuola pitagorica e trasformati in enneagrammi numerici, ma con un significato cosmogonico incentrato sull’Uomo [10]. Il quadrato magico del Sator appartiene sicuramente a quest’antica tradizione. In esso troviamo il codice alfabetico che sintetizza in una frase leggibile nei quattro sensi il concetto di armonia degli opposti, la cui sintesi riproduce la luce del principio: la parola palindroma TENET al centro che riflettendosi rimane uguale a se stessa rappresenta l’Unità primordiale, che per effetto dell’emanazione della sua essenza ha dato poi origine alla scissione tra il mondo divino in equilibrio (SATOR AREPO) e il mondo fisico in movimento (OPERA ROTAS), contrapposti e armonici.

Tecta Erat Nocte Exordio Terra

La traduzione dell’acrostico è “In principio la Terra era ricoperta dalle tenebre”. La frase ci illustra il momento dell’iniziale emanazione dell’Universo, con la Terra ancora informe, deserta e immersa nel buio primordiale [11], nel Nun degli antichi Egizi [12]. La Notte biblica e il Nun ermetico sono denominazioni diverse del Caos, contenente in potenza tutti gli elementi nascosti nelle tenebre [13]; e nelle tenebre del Caos, “lo Spirito di Dio che aleggia sulle acque” del Genesi si può paragonare ad “Atum, Essere unico in Nun” del Libro dei Morti, ovvero lo Spirito che prende coscienza di se stesso, il principio manifesto del movimento equilibrato [14]; e questo principio determinerà proprio la situazione cosmogonica descritta dalla frase palindroma del quadrato magico.

Tellurem Effecit Numen Elementorum Temperatione

La traduzione dell’acrostico è: “La Volontà Divina creò la Terra con un'equilibrata combinazione degli elementi”. La frase ci illustra la fase successiva in cui dal Caos primordiale viene generato il Cosmo (rappresentato in senso figurato dalla Terra), che etimologicamente significa appunto “giusta distribuzione delle molteplici cose nel Mondo”; in questa fase, la parola di Atum genera Ra, la divinità egizia rappresentata dal Sole, simbolo della manifestazione materiale della luce divina; Ra corrisponde nel Genesi al “Fiat Lux” dello Spirito divino che aleggia sulle acque; e il simbolo del Sole è proprio il cerchio con il suo centro, che esprime sinteticamente il senso figurato della frase palindroma.

Terra Effigiem Naturae Essentialis Tenet

La traduzione dell’acrostico è: “La Terra conserva l’immagine della Natura Essenziale”. La frase ci sottolinea la specularità della Natura Terrestre rispetto alla Natura Essenziale o Spirituale. Nella Tavola Smaragdina tale concetto è espresso nei termini seguenti: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”. Ritroviamo questo stesso concetto nel significato della frase palindroma, proposto precedentemente: “il Creatore riconosce se stesso nel Creato” e “il Creato riconosce se stesso nel Creatore”; pur nella contrapposizione tra le due nature, SATOR AREPO e OPERA ROTAS si identificano. Ed è, infine, lo stesso concetto contenuto nel Nome Divino rivelato a Mosè, Ehjeh Asher Ehjeh, “Io sono Colui che sono” [15], semanticamente palindromo, espressione dell’Uno che si identifica con il Tutto. Ma ad un più alto livello di lettura “l’alto ed il basso” costituiscono le due parti separate di un’unica cosa; così, in taluni testi “l’alto” è la benedizione celeste, ovvero il “flos coeli”, la rugiada dei Saggi, indispensabile per umettare e far rivivere il grasso della terra nella suprema benedizione del Donum Dei trasmesso da Isacco a suo figlio Giacobbe. Dalla loro unione nasce il “fango” da cui Adamo fu tratto e reso vivo.


A questo punto abbandoniamo la struttura monodimensionale del Sator e il codice alfabetico e passiamo alla struttura bidimensionale quadrata e al codice iconico. Ciò che ci attrae in modo particolare nel quadrato magico è la croce formata dalle due parole TENET perpendicolari tra di loro, perfettamente simmetrica in tutte le direzioni (vedi fig.5).


figura 5
In essa ritroviamo sintetizzato il significato della parola TENET, in quanto il simbolo esoterico della croce esprime l’unione del Principio Divino Maschile (componente verticale) con il Principio Divino Femminile (componente orizzontale). L’Intelletto Divino (Io sono) si unisce alla Natura Essenziale per creare l’Universo (Colui che sono).
Il codice iconico del Sator ci offre anche la figura geometrica del quadrato, simbolo della Terra o del Creato, in opposizione al cerchio, simbolo del Cielo o del Creatore; per l’idea di stabilità che i lati e le angolosità ci offrono, il quadrato è il simbolo del mondo stabilizzato.
In definitiva, mentre il codice alfabetico ci offre il simbolo del cerchio come rappresentazione del Cielo nei suoi rapporti con la Terra, come immagine della Divinità rivolta verso la sua Opera, di cui è creatrice, regolatrice e ordinatrice, il codice iconico costituito dai simboli del quadrato e della croce ci offre, invece, la rappresentazione dello sviluppo completo della manifestazione divina, sviluppo che è avvenuto nelle quattro direzioni cardinali a partire dal centro della croce.
Ma nel passaggio dalla struttura monodimensionale a quella bidimensionale, notiamo che nonostante permanga la simmetria centrale delle singole lettere rispetto alla “N”, viene a mancare la simmetria delle parole intere rispetto a TENET (vedi fig.6). Questa caratteristica strutturale del quadrato magico ci suggerisce la seguente considerazione: la creazione ha determinato la separazione tra il Creatore e il Creato, ovvero la mitica caduta; il Mondo divino (SATOR AREPO) risulta nettamente separato dal Mondo fisico (OPERA ROTAS); Dio regge l’Universo, ma non si riconosce in esso, in altre parole, il Nome Divino ha subito una divisione che alcuni chiamano “peccato originale”, altri “il ratto di Proserpina” e così via, secondo il punto di vista.

figura 6
Se consideriamo la variante speculare del quadrato magico, che ha ROTAS come prima parola, possiamo più facilmente intuire il concetto di caduta dal punto di vista umano (vedi fig.7): l’uomo ha ceduto alla tentazione di superare i limiti della sua condizione, ha ceduto alla tentazione di diventare come Dio, a dispetto di Dio; in conseguenza di ciò l’uomo viene separato dal Creatore, perdendo in tal modo la consapevolezza di essere “immagine di Dio”.

figura 7
Questa interpretazione può giustificare la presenza di alcuni strani segni incisi sul quadrato magico ritrovato sulla colonna di Pompei, segni che si possono considerare commenti grafici dell’autore dell’incisione: al di sopra del quadrato e accanto alle “T” della parola TENET orizzontale vi sono delle strane figure che assomigliano al serpente, il simbolo biblico della causa della caduta e della separazione tra i due Mondi.


Prima di andare avanti, premettiamo che nella cosmogonia esoterica il centro del cerchio, il Principio Primo, è sia un punto di partenza che un punto di arrivo, perché come tutto è derivato da Esso, così tutto deve alla fine ritornare ad Esso. Con la caduta l’Uomo ha perduto la consapevolezza di essere “immagine di Dio”, ma il destarsi dell’immagine divina celata in lui può ricondurlo all’Uno.
Ed il codice iconico ci fornisce la mappa del percorso finalizzato ad ottenere il ricongiungimento: osservando, infatti, il quadrato magico, possiamo notare che le lettere della frase palindroma sono disposte in modo tale da formare idealmente tre quadrati concentrici (vedi fig.8).


figura 8
Se contorniamo i tre quadrati letterali con tre quadrati geometrici al fine di evidenziarli e se consideriamo anche la croce del TENET, possiamo renderci conto che il codice iconico del quadrato magico ci offre la raffigurazione della triplice cinta (vedi fig.9), il simbolo esoterico teleologico legato alla Grande Madre, il simbolo che esprime il cammino iniziatico che deve intraprendere l’Uomo per poter risalire gradualmente alla Causa Prima, per poter realizzare l’unità col Divino: il Nero prima, il Bianco poi, il Rosso infine, ovvero la Grande Opera.

figura 9
Alla luce di questa considerazione, possiamo asserire che, mentre il codice alfabetico costituito dalle cinque parole della frase palindroma esprime una cosmogonia con soggetto il Creatore, il codice iconico costituito dalla struttura quadrata che racchiude le cinque parole esprime una teleologia con soggetto il Creato. Il quadrato magico è, quindi, un simbolo che, sfruttando insieme linguaggio alfabetico e linguaggio iconico, esprime non solo la cosmogonia esoterica, ma anche la teleologia esoterica. I simbolismi cosmogonico e teleologico sono contemporaneamente presenti nell’oggetto, ma l’osservatore li può cogliere soltanto separatamente, ciclicamente. Come quando noi, davanti a un’opera di Escher [16], non riusciamo a osservare contemporaneamente le due serie di immagini complementari e i nostri occhi si concentrano ora sull’una e ora sull’altra, così davanti al quadrato magico, soltanto se accantoniamo il codice alfabetico con il suo significato cosmogonico, ci appare il codice iconico con il suo significato teleologico e viceversa.
L’interpretazione proposta giustifica l’altro strano segno inciso al di sopra del quadrato magico ritrovato sulla colonna di Pompei, un segno che assomiglia a un triangolo, simbolo esoterico della coppa o del cuore. Considerato il significato teleologico del quadrato, sembra proprio che l’autore del quadrato di Pompei abbia voluto associare non solo la caduta simboleggiata dal serpente al significato cosmogonico dell’oggetto, ma anche la redenzione simboleggiata dal cuore al suo significato teleologico. Infatti, il cuore è la sede dei sentimenti, dell’anima, dell’interiorità più intima. E’ nel cuore che avviene la riflessione della Natura Essenziale che permette all’uomo di raggiungere la consapevolezza della propria vera essenza. E’ il cuore il ricettacolo dello Spirito che permette all’uomo la redenzione dal peccato originale e che gli ridà la consapevolezza di essere “immagine di Dio”.
Ma il cuore deve essere risvegliato. Sansone uccide nel deserto il leone e ottiene dal suo corpo il miele [17], simbolo equivalente all’ambrosia, il cibo che rende l’uomo simile agli dei immortali. Anche alcuni santi cristiani, come Paolo eremita, Maria egiziaca, Eufemia, Onofrio, sono raffigurati simbolicamente nel deserto accanto a un leone, così come il leone miracolosamente ammansito è il compagno di San Girolamo nel deserto. E il leone è ancora il simbolo dell’evangelista Marco: il suo Vangelo, infatti, inizia con l’episodio del battesimo di Gesù ad opera di Giovanni il Battista, “voce di uno che grida (o ruggisce) nel deserto”. Il leone è, quindi, il simbolo della scintilla divina che si agita senza posa “nel deserto del nostro cuore con sulfurea passione, per darci la possibilità di mutar di natura”. Nella parte finale del Fedro di Platone, Socrate prega davanti alla statua del dio Pan, antichissima divinità dell’Arcadia, divenuta simbolo dell’Universo nel periodo ellenistico per la coesistenza della natura terrestre rappresentata dalle fattezze bestiali e della natura essenziale rappresentata dalle fattezze umane; la preghiera di Socrate ha lo scopo di ottenere la bellezza, ovvero la capacità di vedere la vera essenza delle cose, e la temperanza, ovvero il senso del limite, il cui superamento ha causato la mitica caduta. L’uomo trapassa nella natura bestiale ogni volta che abbandona il leone che lo mantiene bello dentro e che pone limiti al suo raggio d’azione [18].
Queste considerazioni possono farci comprendere il significato del misterioso affresco della farmacia della Certosa di Trisulti a Collepardo in provincia di Frosinone, realizzato nel XIX secolo dal pittore Filippo Balbi; possiamo considerare l’affresco come un rebus costituito da un busto di uomo barbuto e cornuto con zampa caprina sulla spalla, dall’immagine di una lucertola, dalla scritta “Abante” posta vicino alla lucertola, da un piedestallo che riporta il quadrato magico del Sator e la frase “Ma di cambiar di natura è impresa troppo dura”. Per le sue fattezze bestiali, il busto fa pensare al dio Pan. L’associazione del nome “Abante” con la lucertola fa pensare allo sciagurato figlio di Celeo, re di Eleusi; nella disperata ricerca della figlia Persefone rapita da Ade, Demetra fu da lui ospitata; la dea lo ricompensò insegnando al figlio Trittolemo, mitico fondatore dei misteri eleusini, l’arte dell’agricoltura; il figlio Abante, invece, avendola derisa durante un banchetto, venne da lei trasformato in ramarro. Il quadrato magico posto sul piedestallo ci dà la chiave di lettura del rebus, perché da una parte sottolinea lo stato di ignoranza dell’uomo riguardo la comprensione dell’Universo (significato cosmogonico con il senso della caduta) e dall’altra ci dà indicazioni sul modo di riottenere la consapevolezza dell’altra natura (significato teleologico con il senso della redenzione). In definitiva, solo se riconosceremo la Grande Madre come nostra guida nel percorso di ricongiungimento con il divino, potremo “cambiar di natura”, altrimenti il nostro destino sarà simile a quello toccato ad Abante.
Anche il già citato Sator circolare di Aosta è, in realtà, inserito in una composizione musiva complessa che assomiglia a un rebus: il tutto è racchiuso in un quadrato, simbolo della Terra, con quattro figure mostruose negli angoli, che potrebbero simboleggiare i quattro elementi naturali; all’interno vi sono due anelli concentrici, che contengono la frase “INTERIUS DOMINI DOMUS HEC ORNATA DECENTER - QUERIT EOS QUI SEMPER EI PSALLANT REVERENTER”, la cui traduzione [19] è “Questa (è) la Casa del Signore adornata all’interno convenientemente – Cerca coloro che sempre salmodiano a Lui riverentemente”, che allude alla necessità dell’iniziazione misterica al fine di accedere alla visione, al concreto possesso, della vera unica essenza delle cose (la Casa del Signore); segue una seconda corona circolare contenente un groviglio di nodi che rappresentano lo stato di ignoranza dell’uomo; la corona circolare più interna contiene la già citata frase palindroma del Sator, che ci offre la visione estetica (aisthesis) dell’Universo, ovvero la specularità delle due nature; il cerchio centrale, infine, contiene la probabile raffigurazione di Sansone che uccide il leone nel deserto, allo scopo di trovare il miele con il quale otterrà la consapevolezza di essere “immagine di Dio”.


Le considerazioni finora svolte riescono a giustificare sufficientemente il legame tra il Sator, la Grande Madre e i Templari? Oppure dobbiamo ritenere che il misterioso simbolo nasconda ancora qualche altro significato, di cui i Cavalieri erano depositari?
Ritorniamo alla croce centrale formata dalle due TENET (vedi fig.5). Essa delimita quattro quadranti di quattro lettere ciascuno, simmetrici rispetto al centro; purtroppo l’osservazione delle lettere che li compongono non sembra fornirci informazioni utili. Se aggiungiamo, però, tre lettere della croce centrale alle quattro del quadrante in alto a sinistra oppure in basso a destra (vedi fig.10), si riesce a intuire una parola molto suggestiva.


figura 10
Anagrammando le sette lettere otteniamo, infatti, la parola ASTARTE, la denominazione della Grande Madre presso i popoli palestinesi: è un’informazione che completa il simbolismo della triplice cinta, in quanto la Grande Madre rappresenta, come già sottolineato in precedenza, la guida indispensabile con la quale poter intraprendere il cammino di ricongiungimento con il Divino.
A questo punto, ci domandiamo se si possa trovare anche negli altri due quadranti (vedi fig.11) una parola che integri l’informazione nascosta.

figura 11
Per una curiosa coincidenza troviamo, in posizione simmetrica al gruppo di lettere che formano la parola ASTARTE, un secondo gruppo di sette lettere che formano la parola latina OPORTET, voce di un verbo difettivo che significa, “è necessario”, “è opportuno”, “occorre”; è una voce verbale che specifica in modo preciso il ruolo della Grande Madre: infatti, per intraprendere il cammino di ritorno verso il Divino, “ASTARTE OPORTET”, cioè è necessario che vi sia l’intervento della Grande Madre.
Ma andiamo avanti. Notiamo che delle nove lettere che costituiscono la croce del TENET, sei sono state usate due volte per formare la nuova frase e le rimanenti tre sono rimaste inutilizzate. Ciò suggerisce una suggestiva trasformazione del quadrato magico (vedi fig.12), precisamente un’espansione che lasci al centro le tre lettere inutilizzate e che allontani i quattro quadranti duplicando le sei lettere utilizzate due volte, azione simile a quella prodotta dall’Unità Primordiale durante la creazione dell’Universo.

figura 12
Le tre lettere inutilizzate nel centro dell’immagine, in base alle considerazioni iniziali, rappresentano il Mondo Divino, costituito dall’Intelletto Divino e dalla Natura Essenziale; il quadrato è il simbolo del Mondo Terrestre creato dalla coppia divina, che ha perduto dopo la caduta la consapevolezza di essere immagine del Mondo Divino.
Ma la parola ENE potrebbe avere anche un altro significato; e infatti, come per AREPO, ci viene in aiuto la lingua greca che ci fornisce la parola
Il termine indica l’ultimo giorno del mese lunare, precisamente il giorno della luna nuova che segna la fine di un ciclo lunare e l’inizio di uno nuovo. Considerata la presenza di una denominazione della Grande Madre [20], sembra proprio che vi sia un riferimento preciso ai Misteri iniziatici: simbolicamente la parola ENE esprime il ciclo della Morte e della Resurrezione dell’Anima, contrapposto al ciclo della nascita e della morte del corpo.
Se, poi, si osserva più attentamente l’immagine del quadrato magico esploso e si immagina di aggiungere un contorno ai gruppi di parole, si riesce ancora ad intuire la raffigurazione della triplice cinta, ma questa volta con gruppi di lettere che hanno un preciso significato (vedi fig.13).

figura 13
Nell’immagine si scorgono il santuario della dottrina contenente i misteri della Morte e della Resurrezione, i quattro canali attraverso cui fluisce la dottrina esoterica e i tre quadrati concentrici che esprimono i gradi dell’iniziazione e che racchiudono il precetto fondamentale per l’iniziato “ASTARTE OPORTET”. Infatti, come insegnarono più tardi i Fedeli d’amore e l’Antica Cavalleria Iniziatica, nessuno può giungere all’ultimo grado dell’esperienza umana del divino, se non per “mediazione” della Grande Madre, “termine fisso d’eterno consiglio”, dice il Sommo Poeta nel XXXIII canto del Paradiso.
Con l’informazione nascosta così letta, il quadrato magico integra il simbolo teleologico della triplice cinta con il riferimento esplicito alla Grande Madre e ai misteri iniziatici.
Louis Cattiaux scriveva: “È la purezza della sostanza della Madre che ci permette di incarnare lo splendore dell'essenza del Padre e di diventare così veri figli di Dio per l'eternità” [21]. In questo aforisma è sintetizzato il significato teleologico del quadrato magico: solo con la consapevolezza di doversi rivolgere alla Grande Madre, l’uomo può risvegliare lo Spirito Divino che è nascosto in lui e rivelarsi Figlio di Dio.

Quella presentata è una delle numerose interpretazioni della verità Una. Dio è il solo maestro del vestito e della nudità (M+R, XIV,7).


Nissa, 2003 A.D.

Mykael G.
[1]Cfr. La Sacra Bibbia, Apocalisse di San Giovanni, cap. 21.
[2]Cfr. Bianca Capone, “Attraverso l’Italia misteriosa”, Ed. Longanesi, Milano, 1978, pp. 29-34; “Vestigia templari in Italia”, Ed. I Templari, Roma, 1979, pp. 102-103.
[3]Dante, il Fedele d’Amore, lo descrive come “…un sene vestito con le genti gloriose…”, Divina Commedia, Paradiso, XXXI, 59-60.
[4]Si consiglia al lettore interessato l’eccellente “Trattato del Cielo Terrestre ”di Vinceslao Lavinio di Moravia inserito in “Il libro di Alchimia” – Itinerario alchemico attraverso i testi dei veri sapienti scelti e tradotti da Sabina e Rosario Piccolini, Casa Editrice MEB, Padova, Ottobre 1986, p. 215. Si segnala che esiste anche un altro trattato recante lo stesso titolo (inedito in Italia) riconducibile all’alchymista Thomas Vaughan, detto Eugenio Philalete.
[5]Cfr. Louis Cattiaux, Il Messaggio Ritrovato, Ed. Mediterranee, Roma, 2002:
MR XXVIII-43: “La rivelazione della salvezza di Dio comporta una Chiesa per perpetuarla ed una Scuola per insegnarla, e l’una non può andare senza l’altra, pena la scomparsa… “;
MR XXVIII-44': “Tutti possono entrare nella Chiesa di Dio, non tutti possono entrare nella Scuola di Dio…”;
MR XXXII-45': “Le scuole religiose e le scuole iniziatiche non devono limitare il loro insegnamento alla ricerca spirituale; esse devono custodire l’ultimo gradino che è la ricerca sostanziale…“.
[6]Nel saggio Propositi su Esoterismo e Simboli, Schwaller de Lubicz scrive: “La crittografia ed il rebus nella composizione di un testo sacro hanno lo scopo di risvegliare l’attenzione del lettore e di guidarlo verso il carattere esoterico. Bisogna essere preparati per coglierlo, vederlo o intenderlo. Questa preparazione non é un sapere, ma un potere e non può acquisirsi che grazie allo sforzo della persona stessa, con un combattimento contro i suoi ostacoli ed una vittoria sulla sua natura animale umana”.
[7]Cfr. “La letra y el espiritu” di Carlos del Tilo, in “El libro de Adan – Textos y commentarios sobre las tradiciones hebrea, cristiana y islamica”, Arola Editors, Tarragona (ES), aprile 2002.
[8]E’ un simbolo che si riferisce a un luogo chiuso. Gli archeologi hanno riportato alla luce cinte rettangolari, circolari e quadrate, risalenti all’epoca protostorica; tuttavia la forma rotonda è assai rara, poiché il cerchio è sempre considerato immagine del Cielo. Le mura di cinta sono il simbolo della riserva sacra, del luogo la cui soglia può essere varcata solo dall’iniziato (cfr. Diodoro Siculo, V, 27).
[9]Nell’iniziazione pitagorica, dopo il noviziato, erano previsti tre gradi: la Catarsi consistente nell’assimilazione della teogonia attraverso la scienza dei numeri, la Perfezione consistente nell’assimilazione della cosmogonia e della psicologia, l’Epifania (con etimo “visione dall’alto”) consistente nell’applicazione della dottrina nel mondo materiale (Cfr. E. Schuré, I grandi Iniziati, Ed. Newton, Roma, 1990, pag. 218 e segg.).
[10]Per approfondire l’argomento si consiglia l’articolo di Federico Pignatelli “Quadrati magici: analisi o tradizione?” pubblicato sul sito www.montesion.it .
[11]Cfr. La Sacra Bibbia, Genesi, cap.1.
[12]Cfr. Il Libro dei Morti dell’Antico Egitto, XXVII,1.
[13]Cfr. Fra’ Marco Antonio Grassellame, Lux obnubilata: “…Era dal nulla uscito il tenebroso caos; massa difforme ...Al primo suon d' Onnipotente labbro pareva che partorito il disordine l'avesse, anziché fabbro stato ne fosse un Dio, tanto era informe; stavano inoperose il lui tutte le cose e senza spirito divisor confuso ogni elemento in lui stava racchiuso…”.
[14] Cfr. Raimon Arola, Analisi del cap. XVII del Libro dei Morti dell’Antico Egitto secondo Mayassis, pubblicato sul sito www.ilmessaggioritrovato.it .
[15]Cfr. La Sacra Bibbia, Esodo, cap.3.
[16] Cfr. Maurits C. Escher – “Sviluppo I” (xilografia 1937), “Giorno e Notte” (xilografia a due colori 1938), “Cielo e Acqua I” (xilografia 1938), Specchio magico” (litografia 1946), “Sole e Luna” (xilografia a quattro colori 1948).
[17]Cfr. La Sacra Bibbia, Giudici, cap.14.
[18]Cfr. James Hillmann, L’anima del mondo e il pensiero del cuore, Ed. Adelphi, Milano, 2002, pagg. 102-107.
[19]Si suppone che HEC e QUERIT siano forme latine derivate dalle classiche HAEC e QUAERIT.
[20]Il culto della Grande Madre si innesta in un culto ancora più antico, relativo alla Luna. La Luna allegoricamente segna il confine tra il Mondo Spirituale raffigurato dal Cielo e il Mondo Fisico raffigurato dalla Terra ed ha la funzione di intermediazione tra i due Mondi. Nella tradizione esoterica l’aspetto celeste della Grande Madre si identifica con l’Anima dell’Universo.
[21]Cfr. Louis Cattiaux, Il Messaggio Ritrovato, XX-1, XX-1’, Ed. Mediterranee, Roma, 2002
 
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