"EL LIBRO DE ADAN"
di Carlos del Tilo
 

Quelli che predicano il rigetto del corpo perdono anche lo spirito, e dovranno subire nuovamente l’incarnazione in tenebre ancora più opache.
                                      Louis CATTIAUX,  M+R, XXV-49'

 

(Tela di Louis CATTIAUX)


 

            I saggi che, nel corso dei tempi, hanno parlato della scienza sacra hanno sempre utilizzato il linguaggio simbolico, necessario per insegnare una realtà celata che sfugge naturalmente ai sensi carnali dell’uomo[1].

            L’obiettivo del ricercatore della Verità perduta consisterà dunque nello sforzarsi di scoprire a cosa si riferiscono questi simboli. Tra questi, si incontra spesso quello del libro, i cui elementi materiali (carta, lettere impresse) non sono evidentemente che i mezzi che consentono la lettura di una realtà nascosta.

            Non possiamo non evocare qui la notissima storia del celebre alchimista Nicola Flamel, raccontata da Louis Figuier.

 

Una notte dunque, racconta la leggenda, Nicola Flamel dormiva di un sonno profondo, quando un angelo gli apparve tenendo in mano un libro di venerabile vetustà e di magnifica apparenza: “Flamel, gli disse l’angelo, guarda questo libro, tu non ci capisci niente, né tu, né tanti altri, ma un giorno tu ci vedrai ciò che nessuno saprebbe vederci”. Ed appena Flamel tese la mano per ricevere il dono prezioso credendo che gli fosse offerto, l’angelo ed il libro sparirono contemporaneamente in una nuvola d’oro.

  Tuttavia la predizione celeste tardò molto a realizzarsi. L’angelo sembrò aver dimenticato la sua promessa ....[quando] un certo giorno dell’anno 1357, egli comprò da uno sconosciuto un vecchio libro che riconobbe, alla prima ispezione, essere quello del suo sogno...[2]

 

            Ne “Il libro delle figure geroglifiche” Flamel si spiega con ricchezza di dettagli in merito a questo ritrovamento:

 

  “Non era esattamente di carta o pergamena, come lo sono gli altri, ma era fatto di cortecce delicate (a quanto mi parve) di teneri arboscelli ... Sul primo dei fogli c’era scritto in grosse lettere maiuscole dorate: Abramo Ebreo, Principe, Prete, Levita, Astrologo e Filosofo”[3]

 
 

            Giunto in possesso di questo libro di così gran valore, Flamel si mise a studiarlo giorno e notte, ma senza poterci capire niente.

            Decise allora di rendersi in pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella, al fine di ottenere la grazia di scoprire, nelle sinagoghe di Spagna, qualche sapiente ebreo capace di insegnargli la vera interpretazione delle misteriose figure del libro di Abramo.

            Dopo aver ottenuto la protezione di San Giacomo, nel corso del suo viaggio di ritorno Flamel incontrò nella città di Leon un medico ebreo chiamato Mastro Canches, cabalista certo e uomo sapientissimo nelle sublimi scienze.

            Mastro Canches gli spiegò tutti gli emblemi del libro di Abramo l’ebreo, che conosceva bene, poiché si trattava dell’opera perduta di uno dei principi della cabala.

            Dopo la morte di Mastro Canches e grazie a lui Flamel, di ritorno a Parigi, poté infine realizzare la Grande Opera. Qual è dunque questo misterioso libro che permise a Flamel di trovare il segreto del magistero dei saggi?

            Si trova una risposta a questa domanda in un commento dello Zohar[4] a proposito del versetto seguente:

 

Questo è il libro delle generazioni di Adamo, nel giorno in cui Elohim creò Adamo, Elohim lo fece a sua immagine [...] (Genesi V, 1-2)

 

            Questo testo dello Zohar mette in evidenza la relazione che intercorre fra questo libro e l’immagine di Adamo; in lui è inciso il mistero della saggezza e spiega il Nome sacro.

 

Il libro dei Proverbi dice riferendosi a questo nome:

 

“Il Nome di Adonai[5] è una torre forte, il giusto vi si rifugia e vi dimora in sicurezza.” (Proverbi, XVIII-10)

 

È altresì il libro della rigenerazione dell’uomo e, contestualmente, il segreto che Elohim rivelò ad Adamo. Nello Zohar si spiega anche che Dio aveva consegnato questo libro ad Adamo nel giardino dell’Eden per mezzo dell’angelo Raziel[6]. Finché Adamo rimase nell’Eden, lo conservò e lo studiò con molta attenzione e devozione. Quando però fu espulso dal giardino, a causa della sua trasgressione al comandamento, il libro si volatilizzò e scomparve.

 

            L’uomo, disperato, cominciò a mendicarlo – tale è l’oggetto della ricerca dell’uomo in questo mondo – e, dietro la sua insistenza, il Santo sia benedetto permise finalmente che l’angelo Rafael[7] glielo restituisse. Adamo si mise nuovamente a leggere il libro e lo trasmise a suo figlio Set, che lo trasmise alla posterità. In tal modo il libro della rigenerazione giunse ad Abramo, che seppe, come Enoch, penetrare la gloria del Santo sia benedetto.


 

            Vediamo poi che, grazie al libro ricevuto dal cielo, Adamo, Abramo o Nicola Flamel riuscirono a realizzare l’opera della rigenerazione.

 

            Nello Zohar si continua con quanto di seguito riportato, sempre in relazione al libro in oggetto, che è precisamente il libro delle generazioni di Adamo:

 

  “Questo è il libro delle generazioni di Adamo nel giorno in cui Elohim creò Adamo, Elohim lo fece a sua immagine maschio e femmina. Egli li creò e li benedisse e li chiamò con il nome di Adamo quando li creò.” (Genesi V, 1-2)

 

  Rabbi Simeon disse: questi due versi svelano grandi misteri; “Maschio e femmina Egli li creò”: questo ci insegna che la conoscenza della gloria suprema è il segreto della testimonianza. Da questo segreto [cioè dell’uomo e della donna supremi, chiamati cielo e terra][8] l’uomo fu creato.[9]

 

            Questo segreto della creazione dell’uomo sembra consistere, secondo lo Zohar, nell’unione dei due enti chiamati “maschio (ich) e femmina (ichah)”. Ambedue uniti costituiscono l’Adamo. Si tratta dell’Adamo primigenio ed ugualmente dell’uomo rigenerato, dopo aver sofferto la cacciata dal paradiso conseguente alla trasgressione; questo è ciò che indica lo Zohar, posto che, così come abbiamo visto, il libro svanì dalle mani dell’uomo esiliato; senza dubbio egli riuscì ad ottenerlo nuovamente grazie alla sua insistenza.

            E perché questi due enti sono chiamati “maschio e femmina”?

Perché cercano sempre di unirsi per amore. Nello Zohar si spiega che questi due, che nella loro unione partecipano alla generazione dell’uomo perfetto, non sono differenti dalla terra e dal cielo.

Vediamo tutto l’interesse di questo commento che chiarisce il senso del testo biblico, poiché relaziona la narrazione della creazione del mondo nel primo capitolo della Genesi, con la creazione dell’uomo.

Osserva che questo segreto designa il cielo e la terra, e l’Adamo fu creato. In quanto alla creazione del cielo e della terra, il testo biblico dice: “Queste furono le generazioni del cielo e della terra quando furono creati” (Genesi, II-9). In relazione ad Adamo, leggiamo: “Questo è il Libro delle generazioni di Adamo nel giorno in cui Elohim creò Adamo” (Genesi, v.1-3). In verità i due[10] sono equivalenti, significano lo stesso, poiché furono creati in un solo segreto[11].

 

Nello Zohar si insegna chiaramente che la creazione del cielo e della terra corrisponde con la creazione di Adamo “maschio e femmina” e non è differente da questa, e questo libro delle generazioni di Adamo è anche il libro delle generazioni del cielo e della terra. È lo stesso.

Questo misterioso libro di Adamo, di Set, di Abramo, di Nicola Flamel e di molti altri saggi, è il cielo e la terra ed il segreto della sua riunione. Gli ebrei insegnano che l’effetto della caduta dell’uomo fu precisamente la separazione del cielo e della terra o di Adamo ed Eva. Non c’è rigenerazione finché rimangono separati.

 

Il commento dello Zohar termina così:

Perciò si comprende che qualsiasi forma di cui non si incontrano il maschio e la femmina [intendiamo cielo e terra] non è conforme alla figura suprema [...]. In qualsiasi luogo in cui il maschio e la femmina non si incontrano uniti, il Santo sia benedetto non stabilisce in lui la sua dimora e le benedizioni non ricadono se non nel luogo in cui si incontrano maschio e femmina. È proprio quanto è scritto: “Ed Elohim li benedisse e li chiamò con il nome di Adamo nel giorno in cui li creò” (Genesi, V-2). Osserva che il testo non dice: “Lo benedisse e lo chiamò con il nome di Adamo”, [questo per insegnarti] che perfino il [nome] di Adamo non è niente, finché il maschio e la femmina (la terra ed il cielo) non siano uniti.[12]
 

 

Non c’è benedizione senza unione del cielo con la terra. Sappiamo che il simbolo rituale della benedizione[13] è il segno della croce.

Il Libro in cui Dio ha scritto il suo segreto è il cielo e la terra. Perciò, l’uomo santo e saggio studia la scienza del Signore nella pace del giardino dell’Eden[14]; questa frase, estrapolata da “Il Messaggio Ritrovato”, conferma esattamente l’insegnamento dello Zohar.

 

Adamo studia e legge[15] il libro del cielo e della terra nel giardino dell’Eden. E cosa c’è scritto in questo libro?

Il segreto del Nome sacro.

Tale segreto è la scienza delle generazioni del mondo o dell’uomo perfetto.

 

(Tela di Louis CATTIAUX)

 

Carlos del Tilo


Non si serve Dio costringendo gli uomini, torturando gli animali e forzando la natura; ma piuttosto amando l’Essere increato attraverso tutti gli esseri creati e realizzando la sua opera nascosta.
                                         Louis CATTIAUX, M+R, XIV-28

 


[1] I sensi, che permettono all’uomo di percepire le realtà che lo circondano, sono diventati rozzi a causa della caduta originale e non gli consentono più di captare la realtà sostanziale ed essenziale del mondo, se non solamente la sua apparenza.

Il Libro dei Morti degli antichi Egizi (cap. XI e XII) fa allusione a certi riti consistenti, per esempio, nell’aprire la bocca, gli occhi e le orecchie del morto Osiride al fine di purificare i suoi sensi. Il cristianesimo possiede un insegnamento simile, particolarmente nel rituale della estrema unzione somministrato ai morenti.

[2] L. Figuier, L’alchimie et les alchimistes, Denoël, París, 1970, pp. 176-177.

[3] N. Flamel, «Le livre d es figures hiéroglyphiqu es» , in La Bibliothèque des philosophes chimiques, collection BEYA, D ervy, Paris, 2002.

[4] Sefer ha Zohar, (‘Le livre de la splendeur’), ed. di I. Lev Achlag, Jerusa lem, 1945-1958. Le frasi tra apici sono le chiose di Achlag.

[5] Adonai in ebraico significa “il mio Signore”; nella Scrittura esprime il santo nome IHVH che non può pronunciarsi se non nel suo tempio. Nella letteratura rabbinica per mezzo dell’espressione “Il Santo benedetto sia”.

[6] Raziel in ebraico significa “Segreto dell’Altissimo”.

[7] Rafael in ebraico significa “Guarigione dell’Altissimo”.

[8] “Cielo e terra”: la quintessenza degli elementi; la vita dell’Universo in due stati, volatile e fisso, e non altresì la terra, le montagne, né le nubi.

[9] Zohar (cit. in p. 5, n. 4), I, 55b.

[10] Cioè, da una parte cielo e terra, dall’altra l’Adamo, maschio e femmina.

[11] Zohar (cit. in p. 5, n. 4), I, 55b.

[12] Ibidem.

[13] In ebraico barak, ‘benedire’ significa anche ‘far discendere’.

[14] L. Cattiaux, Il Messaggio Ritrovato, X-64.

[15] Osserviamo che in ebraico il verbo karah significa “leggere”, “compitare”, “pronunciare”, “chiamare”, “gridare”. Si tratta della stessa radice alla base del termine Arabo “Quram”,  il Corano.

 
 
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