Honoré
de Balzac, quel genio cui “nulla d’umano fu estraneo”,
s’interessò ai misteri dell’alchymia. Su questi era stato istruito,
ci dice lui stesso, da un misterioso personaggio di cui più avanti
parleremo. Due tra le sue opere soprattutto rivelano il suo
interesse per la scienza di Hermès: “La
Recherche de l’Absolu”
[1834]
ed il suo trattato storico su Caterina de’
Medici [1836].
In quest’ultimo
libro, Balzac mette in scena l’alchymista della regina Caterina, il
fiorentino Laurent Ruggieri, mentre spiega l’alchymia al re Carlo IX
ed alla sua amante, Marie
Touchet; un testimone silenzioso
assisteva all’incontro, Cosme Ruggieri, l’astrologo della regina,
fratello di Laurent.
Una lettura attenta del
discorso di Laurent rivela sorprendenti verità su questa scienza,
sul suo materialismo integrale, celate tuttavia da un declamare in
cui l’immaginazione dell’autore sembra farlo perdersi verso quello
scientismo assai caratteristico del XIX secolo. Ma se, dopotutto, ha
in tal modo mescolato vero e falso fu forse volontariamente, come
sembra indicare un passaggio che citeremo ugualmente.
Ecco dunque alcuni
estratti, i più significativi, del discorso di Laurent allorché
esprime la teoria degli alchymisti, secondo Balzac:
“ Per perseguire l’opera cui mi
sono consacrato occorre crederci; e se il dito di Dio conduce ogni
cosa, [allora] io sono un folle. Che il re lo sappia, dunque! Si
tratta di una vittoria da conseguire sul divenire attuale della
Natura umana. Io sono alchymista, Sire. Ma non pensate, come il
volgare, che io cerchi di fare dell’oro! La composizione dell’oro
non è il fine, ma un incidente delle nostre ricerche; altrimenti il
nostro tentativo non si chiamerebbe “le Grand Oeuvre!”. Il Grand
Oeuvre è qualcosa di assai più ardito di ciò. Se dunque io
ammettessi oggi la presenza di Dio nella materia, al [suon della]
mia voce la fiamma dei forni accesi da secoli si spegnerebbe domani.
Ma negare l’azione diretta di Dio, non è negare Dio, non
ingannatevi. Noi poniamo l’autore di tutte le cose ancor più in alto
di quanto lo ribassino le religioni. Non accusate d’ateismo coloro i
quali vogliono l’immortalità. Ad esempio di Lucifero, noi siamo
gelosi di Dio, e la gelosia attesta un violento amore! Benché questa
dottrina sia la base del nostro operare, tutti gli adepti non ne
sono [ugualmente] imbevuti.”
Lo scopo del Grand Oeuvre è
qui ben definito, “…una vittoria da conseguire sul divenire
attuale della Natura umana…” che conduce alla morte: “Non
accusate d’ateismo coloro i quali vogliono l’immortalità”! Ma
questa formula, sorprendente di verità, si accompagna di riflessioni
assai equivoche su Dio “l’autore di tutte le cose”. Qui si
esprimono le opinioni scientiste del XIX secolo, che separano Dio
dal mondo. Gli alchymisti, al contrario, riconoscono all’opera in
questo mondo una natura divina che essi osservano e seguono nei loro
lavori. Notiamo anche l’allusione a Lucifero, assai poco conforme al
linguaggio degli adepti.
“L’uomo non è una creazione
immediatamente sortita dalle mani di Dio, ma una conseguenza del
principio seminato nell’infinito dell’etere in cui si producono
migliaia di creature di cui nessuna si rassomiglia d’astro in astro,
poiché le condizioni di vita vi sono differenti. Si, Sire, il
movimento sottile che noi chiamiamo la vita trae le sue origini
aldilà dei mondi visibili; le creazioni se ne appropriano secondo
gli ambienti in cui esse si trovano, ed i più minuti esseri vi
partecipano nella misura di quanto possono prenderne, a loro rischio
e pericolo. A loro [tocca] di difendersi contro la morte.
(Tipus Mundi)
L’alchymia
è lì tutta intera. Se l’uomo, l’animale più perfetto di questo
globo, portasse in se stesso una porzione di Dio, egli non
perirebbe, ed [invece] egli perisce. Per sortire da tale difficoltà,
Socrate e la sua scuola hanno inventato l’anima. Io, il successore
di così grandi re sconosciuti che hanno governato questa scienza, io
sono per le antiche teorie contro le nuove; io sono per la
trasformazione della materia che vedo, contro l’impossibile eternità
di un’anima che non vedo. Io non riconosco il mondo dell’anima. Se
tale mondo esistesse, le sostanze la cui magnifica riunione produce
il vostro corpo e che sono a tal punto sfolgoranti in Madame
non si sublimerebbero dopo la vostra morte per ritornare
separatamente ciascuna nella sua casella, l’acqua all’acqua, il
fuoco al fuoco, il metallo al metallo, come quando il mio carbone è
bruciato, i suoi elementi sono ritornati alle loro primitive
molecole. Se pretendete che qualcosa ci sopravviva, questo non è
“noi”, poiché tutto ciò che è il “me” attuale perisce! Orbene, è il
“me” attuale che voglio continuare aldilà del termine assegnato alla
sua vita; è la trasformazione presente cui voglio assicurare una
maggior durata.”
Da buon materialista epicureo,
Laurent nega che l’anima umana sia fattore d’unità, pur affermando
che l’uomo trae, secondo una felice espressione, la sua esistenza da
un “principio seminato nell’infinito dell’etere”. Tale etere,
dice, è animato da un movimento sottile che noi chiamiamo la vita. È
l’anima del mondo. Il riferimento alle dottrine
pre-socratiche è qui evidente.
Ma Laurent trae argomento dal
carattere effimero della forma umana al fine di negare l’anima
particolare, identificata all’immanenza divina. Abbiamo qui
un’allusione all’anima-entelechia di Aristotele.
Negando il mondo dell’anima, Laurent
nega ciò che [comunemente] chiamiamo “mondo spirituale” che non
avrebbe esistenza propria; nega anche, conseguentemente, ogni
mistica, nel senso in cui questo termine è impiegato ai nostri
giorni. La sola conoscenza [possibile] è di natura sensibile.
L’uomo è dunque un
aggregato destinato alla dissoluzione delle parti che lo compongono,
dopodiché non c’è più uomo. Così dopo le operazioni della chimica
usuale, i corpi si trasformano l’uno nell’altro senza che l’identità
del primo si ritrovi nel nuovo.
Ma per quanto riguarda
l’uomo, nessuna metamorfosi sarebbe possibile se non ci fosse nella
vita umana un principio fisico di permanenza che assicuri a tale
aggregato una identità persistente: nessuna allusione a ciò, in
questo passaggio.
“A che serve il potere, se la vita
ci sfugge? Un uomo ragionevole non deve avere altra occupazione se
non il ricercare, non se ci sia un’altra vita, bensì il segreto su
cui ripone la sua forma attuale, per continuarla a suo piacimento!
Ecco il desiderio che imbianca i miei capelli.”
”Tutte le nostre forze, tutti i
nostri pensieri sono impiegati in questa ricerca, niente ce ne
distrae. Un’ora dissipata per qualche altra passione sarebbe un
furto alla nostra grandezza.”
“Quasi tutti si ostinano a
combattere la natura intrattabile del metallo, poiché se troviamo
diversi principi in tutte le cose, noi troviamo tutti i metalli
simili ad essi stessi ne rispettivi minimi particolari.
C’è qui, ante
litteram, l’affermazione dell’unità
di composizione della natura metallica?
”Quale potenza mantiene la vita in
noi? Un movimento. Questo movimento, perché la scienza non lo
coglierebbe?”
“Intorno a noi, sotto, sopra, si
trovano gli elementi da cui sono sortiti gli innumerevoli milioni di
uomini che hanno calpestato la terra prima e dopo il diluvio. Di che
trattasi? Di sorprendere la forza che disunisce; al contrario, noi
sorprenderemo quella che aggrega … quando le acque hanno coperto il
nostro globo, ne sono usciti degli uomini che hanno trovato gli
elementi della loro vita nella scorza della terra, nell’aria e nel
loro nutrimento. La terra e l’aria possiedono dunque il principio
delle trasformazioni umane, queste si fanno sotto i nostri occhi,
con ciò che è sotto i nostri occhi; noi possiamo dunque sorprendere
tale segreto.”
“Infine, io busso incessantemente
alla porta della creazione, e busserò fino al mio ultimo giorno.
Quando sarò morto, il mio mantello passerà in altre mani ugualmente
infaticabili, così come giganti sconosciuti lo trasmisero. Favolose
immagini incomprese, simili a quelle di Prometeo,
Ixion, Adonis,
Pan ecc… che fanno parte delle credenze religiose in ogni paese, in
ogni tempo, ci annunciano che questa speranza nacque con le razze
umane. La Caldea, l’India, la Persia,
l’Egitto, la Grecia, i Mori si sono trasmessi il
Magismo, la scienza più alta tra le
scienze occulte, e che ha in deposito il frutto delle veglie di
ciascuna generazione.
L’autore non sembra considerare la
scienza degli alchimisti come un’eredità trasmessa da far
prosperare, ma piuttosto come un progetto in divenire dalle origini
dell’umanità. Da lì a considerare la scienza profana come la
realizzazione progressiva del vecchio sogno degli alchimisti … [il
passo è breve ed inevitabile].
“Il pensiero…è l’esercizio di un
senso interiore… ciò non ha niente a che fare con ciò che si
pretende di un’altra vita. Il pensiero è una facoltà che cessa
perfino mentre siamo vivi, con le forze che lo producono.
-
Voi siete conseguente, disse il re
sorpreso, ma l’alchymia è una scienza atea.
-
Materialista, Sire, il che è ben
diverso. Il materialismo è la conseguenza delle dottrine indiane,
trasmesse dai misteri di Iside alla Caldea
ed all’Egitto e riportata in Grecia da Pitagora, uno dei semidei
dell’umanità: la sua dottrina delle trasformazioni è la matematica
del materialismo, la legge vivente delle sue frasi”.
Giammai un antico alchimista si
sarebbe qualificato come “materialista”, non si troverebbe
tale termine in nessuno dei loro trattati, per la [semplice] ragione
che non aveva alcun senso prima della fine del XVIII secolo.
Qualificando l’alchymia come materialista, ciò che effettivamente è,
Balzac mostra qui la profondità della sua comprensione.
“I due fratelli salutarono
Marie
e Carlo IX e si ritirarono. Scesero gravemente i gradoni senza
guardarsi né parlarsi. Non si voltarono verso gli incroci neppure
quando giunsero nel cortile, certi che l’occhio del re li spiasse…
quando l’alchymista e l’astrologo furono in “rue
de l’Autruche”, lì, trovandosi soli,
Laurent disse a Cosme nel fiorentino di quel tempo: “Affé
di Dio! Come lo abbiamo infinocchiato! Gran
Mercè! A lui sta di pastojarsi!”,
disse Cosme…
Qualche giorno dopo questa scena
che colpì Marie
Touchet quanto il re, nel corso di uno
di quei momenti in cui lo spirito è, in qualche modo, svincolato dal
corpo dalla pienezza del piacere, Maria
esclamò: “Carlo, me lo spiego facilmente Laurent Ruggieri, ma Cosme
non ha detto niente! – È vero, disse il re, sorpreso da questa luce
sottile, c’è tanto vero quanto falso nel loro discorso.”
(Ritratto di Carlo IX)
Alcuni penseranno forse:
“Io non ritrovo in queste pagine lo
spirito degli antichi testi: c’è più scientismo che alchymia lì
dentro. È del progresso delle scienze che ci parla Balzac sotto le
spoglie dell’alchymia.
L’autore, riteniamo, ha
rivestito la sua alchymia d’un manto romantico e la sua declamazione
divarica spesso dalla forma adottata dagli Antichi. Inoltre, essa si
allontana talvolta anche in sostanza. Ne abbiamo già segnalato i
punti deboli: la nozione di Natura, per esempio, è assente in questa
esposizione. Poi, c’è quella frase equivoca nel primo estratto: “La
composizione dell’oro non è il fine, ma un incidente delle nostre
ricerche”.
In che senso?
Abbiamo anche
sottolineato alcune riflessioni che un Adepto non sconfesserebbe; se
ne troveranno altre dello stesso genere e che non abbiamo ritenuto
dover porre in evidenza servendosi di un commento. Poi c’è la
confessione dello stesso Balzac: egli ha ottenuto queste
informazioni sull’alchymia da un anziano [signore], discepolo del
Conte di Saint Germain!
Laurent e Cosme Ruggieri
avrebbero avuto come discepolo, in effetti, ci dice Balzac, il
famoso Conte di Saint Germain di cui così poco sappiamo, benché gran
scalpore fece durante il regno di Luigi XV. Non aveva meno di 130
anni quando apparve alla corte di Versailles (sarebbe contemporaneo
di Marion de Lorme!). Raccontava ai re
alcuni aneddoti sulla “Saint-Barthélemy”
ed il regno dei Valois, parlando alla prima persona; ma li sapeva da
Ruggieri! E Balzac aggiunge:
“Il conte di Saint Germain è
l’ultimo degli alchimisti che meglio hanno spiegato questa scienza:
ma nulla ha scritto. La dottrina cabalistica esposta in questo
studio procede da tanto misterioso personaggio. Strana casa! Tre
esistenze d’uomo, quella del vecchio da chi provengono questi
insegnamenti, quella del conte di Saint Germain e quella di Cosme
Ruggieri, bastano per abbracciare la storia europea da Francesco I
fino a Napoleone.”
Balzac era, certamente un
grande spirito, il maggior genio del XIX secolo, teso verso lo
studio analitico della storia e della società francese del suo
tempo. Non vorremmo congedarci da lui in queste poche pagine senza
citarlo ancora una volta, non i relazione con l’alchymia questa
volta; ma speriamo di far cosa gradita con
quest’ultima citazione.
Si sa che l’apparire del
protestantesimo nel XVI secolo è stato considerato dagli storici
come la prima manifestazione collettiva della libertà di pensiero.
La Saint-Barthélemy, quel massacro tanto crudele quanto
inutile, sarebbe stato come un disperato tentativo di schiacciarla
in embrione:
“… Laurent dice a Carlo IX:
-
Noi possiamo, in solitudine,
intravedere i fatti salienti dell’avvenire. Il protestantesimo che
vi divora sarà a sua volta divorato dalle sue conseguenze materiali,
che diventeranno teoria nel loro giorno. L’Europa ne è oggi alla
religione, domani essa attaccherà la monarchia regale.
-
Allora la Saint-Barthélemy era un
gran disegno!
-
Si, Sire, poiché se il popolo
trionfa, farà la sua di Saint-Barthélemy! Quando la religione e la
regalità saranno abbattute, il popolo se la prenderà con i grandi,
dopo i grandi se la prenderà con i ricchi. Infine, quando l’Europa
non sarà più che una mandria di uomini senza consistenza, perché
sarà senza capi, essa sarà divorata da rozzi conquistatori. Venti
volte già il mondo ha presentato tale spettacolo, e l’Europa lo
ricomincia. Le idee divorano i secoli, come gli uomini sono divorati
dalle loro passioni.”
Questo programma è quasi
[completamente] realizzato ai nostri giorni.
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Chi conosce
meglio il divino Signore di vita? I semplici pastori? I sapienti
magi? I fedeli adoratori? I discepoli benedetti? I credenti devoti?
Oppure colui che conserva la Vergine santa, che la fa partorire in
segreto ed alleva il bambino venuto dal cielo?
O intelligentissimi, o sapientissimi, o importantissimi, rispondete,
se siete capaci di comprendere la domanda.
Louis Cattiaux,
M+R, XXII-61’ |
Emmanuel d’Hooghvorst